Baukuh Architects – Competition-Hatlehol church, Ålesund, Norvegia

 

Una chiesa è un veicolo per relazionarsi con Dio”: questo è quanto riporta, in apertura, la relazione descrittiva del progetto presentato nel 2009 da Baukuh per la chiesa di Hatlehol, nel comune di Ålesund, in Norvegia. Ed è impossibile non ricondurre alla memoria le teorie eliadiane del simbolo che, come elemento mediano tra il sacro e l’uomo, permette all’uomo di vivere un’esperienza religiosa totale, nella quale il sacro sia «ovunque e in nessun luogo».[1]

La chiesa di Hatlehol è semplice e chiara, sia all’interno che all’esterno; appare nei boschi come un oggetto enigmatico, ma immediatamente riconoscibile come oggetto sacro. Nella sua semplicità, la chiesa ripete lo schema che riproduce in un microcosmo architettonico l’immagine arcaica dell’universo: la terra è quadrata, orientata secondo i quattro punti cardinali e il cielo la ricopre a guisa di cupola come una ‘montagna sacra’ che sottolinea l’aspetto ascensionale della spiritualità; un asse concettuale attraversa il centro fungendo da struttura portante del tutto. L’impianto della chiesa ripropone perfettamente questa regola geometrica semplice e rigorosa: la forma complessiva è contenuta in un quadrato di 39x39m. La parte superiore della chiesa è un emisfero, la parte inferiore è un tronco di cono inverso. Il portico di fronte alla chiesa è contenuto in un quadrato di 13×13 m.

La chiesa di Hatlehol, nel suo contesto ampio e molto poco popolato, si pone come ‘centro’, luogo del sacro che rimanda ad una tradizione antica. Essa non rappresenta la fede; è un luogo per la fede e per la comunità: “è una camera piena di vuoto (…) produce tranquillità (…) protegge (…) funziona come una macchina per raccogliere esperienze”, si legge nella relazione, e in effetti la sala principale della chiesa riesce a dare forma a questo gesto inclusivo; essa crea una comunità. “La chiesa – spiegano i progettisti – deve essere popolata dalla comunità poiché solo i suoi gesti evitano che la monumentalità della chiesa si svuoti.” Gli architetti rivolgono il proprio pensiero non ad una comunità generica ma a ‘quella’ comunità in particolare: la chiesa, infatti, che ha un arredamento sobrio e modesto, secondo i dettami della povertà evangelica – “nessuna ostentazione non necessaria” dicono i progettisti – raccoglie mobili e oggetti provenienti dalla tradizione artigiana locale. L’edificio funziona come un piccolo museo della comunità locale. Sedie, altari, tazze, lampadari sono oggetti semplici, solidi, di tutti i giorni, provenienti dalla regione di Ålesund. Non ci sono mobili fissi. Uno sfondo candido, di bianco assoluto dà importanza a questi semplici oggetti. L’unico apparato iconografico presente è costituito da un grande disegno in grafite, realizzato all’interno della calotta e che rappresenta delle nuvole: un’apertura verso l’alto.

Questa sacralità quasi esasperata, ‘sfacciata’, viene volutamente ridimensionata dai progettisti: “alla chiesa di Hatlehol non manca un po’ di senso dell’umorismo. Appare come un fungo sovradimensionato, che sboccia in qualche modo nei boschi intorno allo Storfjorden.”  La comunità raggiunge, infatti, l’ingresso principale attraverso un sentiero che si muove nel bosco. Dal parcheggio, i visitatori entrano nel bosco, quindi girano intorno alla chiesa muovendosi attraverso le rocce e gli alberi e raggiungendo l’ingresso principale collocato a Nord-Ovest. La chiesa non ha campanile: “Non è possibile aggiungere un campanile a una rotonda. Il fallimento di Bernini (!) con i campanili del Pantheon testimonia che non è possibile.” Scrivono ancora i progettisti. La cupola (invece del campanile) appare nel paesaggio e funge da segno riconoscibile per la comunità. Le campane sono attaccate a un palo e fanno parte del design del paesaggio circostante. Tutte le funzioni della chiesa sono raccolte in un unico volume: le attività quotidiane si svolgono al livello inferiore mentre le cerimonie si svolgono in quello superiore. Una scelta progettuale che ha permesso di garantire ottime connessioni dal punto di vista funzionale, nel pieno rispetto delle dinamiche liturgiche e di una perfetta comunicazione visiva tra il parroco e assemblea, riducendo al contempo sia i costi di costruzione sia quelli di manutenzione. La chiesa è pensata per essere interamente realizzata in legno. Una struttura reticolare composta da travi radiali realizzate con travi di legno lamellare incollate definisce la cupola interna ed esterna. Le cupole sono coperte con scandole di betulla (all’esterno) e intonacate (all’interno). Pavimenti e mobili sono anch’essi in legno di betulla. La struttura reticolare in legno lamellare sostiene la cupola interna portante e la relativa cupola esterna. La struttura funziona sia come arco che come raggio reticolare, riducendo così il peso e il costo del sistema. La sala principale riceve luce dalle finestre a livello della galleria e dalle sale secondarie circostanti. Tutti gli spazi minori e la galleria sono aperti al bosco. 550 finestre offrono una vista a 360 ° sul paesaggio. Il riscaldamento della parte inferiore dell’edificio aiuta a riscaldare la grande sala principale nei giorni di festa. Gli impianti di riscaldamento a pavimento si adattano a questo compito particolare.

[1] Mircea Eliade, Spezzare il tetto della casa. La creatività e i suoi simboli, Jaca Book, 1988, p. 203

Lucia Valdarnini*

 

 

INFO 

photo per gentile concessione di  Baukuh  © Stefano Graziani

YEAR
2009
PROJECT TYPE
Architecture
CITY
Alesund
PROMOTER
Alesund Municipality
COLLABORATORS
Paul Laurentius Vaksvik Koefoed, Alessandro Perotta, Giuseppe Tortarolo, Yellow Office, Riccardo Antoniazzi, Maike Bending

 

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