Centro di Spiritualità e Cultura, Marola (RE) |da Matilde di Canossa una eredità per la Diocesi

La storia

Il complesso monumentale di Marola, nel comune di Carpineti (RE) sorge a 800 m slm, immerso nella natura, in un luogo da secoli votato al silenzio e alla spiritualità. Novecento anni di storia caratterizzano il vasto impianto architettonico. L’origine dell’antica Badia di Marola è legata alla figura della contessa Matilde di Canossa (1076-1115) che al tempo ebbe un ruolo importante nell’organizzazione politico-religiosa del territorio reggiano. L’Abbazia di Marola ed il monastero Benedettino svolsero un ruolo di primo piano nello sviluppo economico e di promozione umana su tutto l’Appennino per diversi secoli.
Nel corso del XII e XIII secolo il nuovo monastero ebbe un periodo di grande splendore. Sebbene il monasterium di Marola non facesse parte, nei primi anni di vita, di alcuna congregatio, i caratteri che ne contraddistinguono la forma e l’architettura sono comuni ad altre chiese monastiche cluniacensi che vennero edificate nell’Italia del Nord ed in particolare in Lombardia nel periodo preso in considerazione.
Dopo il XV sec. la fabbrica è trasformata in dimora nobiliare; nel 1824 il complesso ampliato ritorna alla Chiesa con l’istituzione del Seminario diocesano; ulteriori ampliamenti seguono tra il 1925 ed il 1933. Nel 1973, con la chiusura del Seminario, nasce il Centro diocesano di Spiritualità e Cultura.

Il progetto di valorizzazione e restauro

Essendo un luogo molto frequentato, la Diocesi di Reggio Emilia nel 2000 decide di intraprendere un complesso lavoro di adeguamento funzionale e restauro del complesso, iniziando un lungo percorso di raccolta dei dati conoscitivi per porre le basi del progetto.
Era primaria l’esigenza di ritrovare un ordine in un’architettura che è il risultato di molte stratificazioni: prima Abbazia, palazzo nobiliare, poi Seminario, quindi casa per ritiri denominata poi Centro di Spiritualità e Cultura. Un lavoro di “recupero”, dunque, non solo architettonico.
In sostanza si doveva ritrovare un’identità già presente, storicamente congenita, che tuttavia aveva necessità di essere resa evidente, mediante la valorizzazione del rapporto con la natura circostante (lo straordinario bosco del Borello) e la ricerca di un nuovo ordine sia nella sequenza degli ambienti che nella loro immagine, senza fronzoli; una dimensione estetica che “…ci predispone gli uni accanto agli altri in vista di un fine che ci supera”, come scrive François Cassingena-Trévedy nel suo libro “La Bellezza della Liturgia”.
Con questi ambiziosi propositi si è iniziato a mettere ordine nelle esigenze prospettate dal committente.
Si trattava di provvedere urgentemente all’adeguamento funzionale ed impiantistico, per risolvere problemi di sicurezza e di gestione di una superficie così vasta. Secondariamente era necessario un rinnovamento dal punto di vista della destinazione d’uso dei diversi ambienti, alla luce di nuove scelte pastorali, rendendo accessibili, gradevoli ed accoglienti i luoghi privilegiati per la preghiera.
Terzo importante fattore era la valorizzazione di un centro di riferimento per il territorio montano, rispettandone il passato più lontano – l’eredità di Matilde di Canossa – e quello più vicino, con l’istituzione del Seminario vescovile nel 1825, che ha accolto più di cinquemila persone, tra seminaristi, sacerdoti e studenti residenti in montagna. La fase conoscitiva, costituita da studio di documenti, analisi, saggi, misurazioni e comparazioni di quasi 200 ambienti distribuiti su 6.000 mq di superficie, ha evidenziato una cronologia costruttiva attendibile, lunga 900 anni, ma la ricerca non è finita. Istanze spirituali e simboliche, storico-tipologiche, funzionali, normative ed economiche sono state riunite grazie ad una felice collaborazione tra il team progettuale, la Committenza e gli Enti coinvolti. Un primo stralcio dell’opera è stato compiuto (circa 4500 mq) per poter rispondere in un tempo relativamente breve alla richiesta di rimettere in funzione il Centro di Spiritualità, così amato dai sacerdoti reggiani, ma anche dai laici e da gruppi provenienti da tutta Italia. I contenuti principali del progetto: razionalizzazione della distribuzione interna, dal punto di vista funzionale e della salvaguardia della tipologia, miglioramento antisismico e consolidamento statico, valorizzazione delle caratteristiche morfologico-architettoniche attraverso l’uso di tecnologie e materiali tradizionali, introduzione impiantistica a basso impatto sulle strutture, compatibile con le caratteristiche storico-tipologiche del bene. Per il notevole impegno economico si è pensato di suddividere il lavoro in due stralci, di cui il primo, da poco completato, riguarda tutte le ali prospettanti sulla corte del grande cedro. Un secondo stralcio potrà, in futuro, restituirci restaurata anche la parte più antica del complesso, posta attorno alla corte che fiancheggia la chiesa. Il progetto si basa infatti su una separazione molto netta di ciò che è vicino all’abbazia, dedicato al silenzio, e il cuore della vita pubblica del Centro, con i luoghi riservati all’azione pastorale e alla comunicazione con il mondo esterno.

Il centro di spiritualità rinnovato

L’accordo con la Soprintendenza di Bologna ha permesso di stabilire i criteri di valorizzazione di tutte le fasi storiche salienti del complesso.
Cardine dell’intervento è la rilettura attuale del rapporto con il genius loci del contesto (silenzio, legame con l’elemento naturalistico che si riconosce nella scelta dei materiali e nella valorizzazione dei cannocchiali prospettici sul paesaggio). Il linguaggio espressivo contemporaneo, mai mimetico, sottolinea da un lato gli importanti passaggi storici della fabbrica e dall’altro la rilettura e interpretazione dello spazio ad uso pastorale-religioso in chiave attuale.
Per potenziare l’accoglienza è stata realizzata una nuova aula pastorale (130 posti), garantita l’accessibilità a tutte le zone da parte dei diversamente abili, e sono state predisposte zone più adatte alle famiglie con ambienti specifici. La medesima differenziazione di utilizzo si rispecchia anche nella creazione di nuovi ambienti per il riposo; non solo la stanza singola con bagno, tipica dei centri di spiritualità, ma camere abbinabili o mini-appartamenti. Sono stati resi disponibili 100 posti letto e 180 posti nella zona pranzo, ove la grande cucina permette anche la produzione di 250-300 pasti al giorno.
L’adeguamento impiantistico-funzionale ha unito il rispetto del bene culturale con i criteri di sostenibilità ambientale applicati al basso impatto degli impianti sulle strutture murarie (utilizzo di canalizzazioni ed elementi impiantistici rimovibili) ed il risparmio energetico (installazione per i locali ad uso collettivo di recuperatori di calore). Marola è sempre stato il luogo del silenzio, della meditazione, del ritrovare il contatto con la natura e con la storia. Manca ora il recupero della parte più antica del complesso, adiacente la chiesa, per il quale sono necessari approfondimenti di studio e scavi nella corte che fu l’antico chiostro dei monaci. Di eccezionale interesse la sala dedicata a Marola recentemente allestita nel Museo Diocesano di Reggio Emilia. Notevoli, infatti, sono i reperti rinvenuti in passato a Marola, di cui alcuni non ancora esposti.

Emilia Lampanti, architetto

Scheda Progetto:
Committente: Diocesi di Reggio Emilia –Guastalla, Seminario Vescovile di Marola
Progetto e Direzione Lavori: Arch. Emilia Lampanti
Strutture: Ing. Paolo Delmonte, coll: Ing Rita Parisoli (studio InGeos)
Collaboratori: Arch. Chiara Gandolfi, Arch. Elena Macchioni, Arch. Chiara VAllli, Arch. Michela Dallari
Progetto Impianti: Termotecnici Associati, Penta Engenee-ring, Studio Arch. Iotti
Realizzazione: 2008-2012 (completato primo stralcio)
Superficie d’intervento: 4500 mq
Imprese esecutrici: ATI tra Società Cattolica costruzioni edili e stradali spa(RE); COESA srl (RE);Torreggiani &C. spa (RE)

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