La “città delle fabbriche”, Sesto San Giovanni, è diventata una città senza fabbriche: grande agglomerato di quartieri dormitorio, con la presenza inquietante e interessante di enormi brandelli industriali divenuti oggetto di smanie speculative (gli ex-impianti siderurgici Falck dai progetti di Kenzo Tange a quelli di Renzo Piano a future operazioni palazzinare) o raramente trasformati in parchi di archeologia industriale (ex-acciaierie Breda). E il ricordo di un’epoca che non c’è più, quella della lotta politica portata alle sue estreme e nefande conseguenze.
Incuneata in questo complesso contesto, soverchiata dai volumi di case popolari senza qualità, la chiesa della Resurrezione di Gesù prova a farsi largo tra “quel che resta di Sesto”, con un procedimento “optical” sperimentato dal suo progettista, l’architetto milanese Cino Zucchi, chiamato a lavorare a partire da una preesistenza, una sorta di capannone industriale trasformato in parrocchia nel 1974 da un gruppo di preti operai.
Zucchi costruisce un nuovo edificio che si presenta con una facciata incavata, a definire e proteggere il modesto spazio disponibile come sagrato cui è affidato il ruolo di creare accoglienza, e affiancata da un campanile.
Su un fianco del volume dell’aula, in contrappunto alla presenza del campanile dall’altro, è stato realizzato un corpo ancellare che alloggia gli ambienti di servizio e di vita sociale del complesso parrocchiale e che prospetta su uno spazio lastricato che gli si allunga di fronte.
L’immagine complessiva di questa architettura è data dalla pelle a strisce bi-crome, con differenti gradazioni di grigio, che riveste le parti fin qui descritte, giocando sul rapporto tra materiali come le lastre di quarzite grigia, quelle in pietra di Trani e i pannelli in zinco al titanio.
Unici elementi metallici di contrappunto sono il top del campanile con il pannello in lamiera che protegge la cella campanaria e la tessitura del portale di ingresso, definito dalla alternanza tra elementi metallici e piccole vetrate che rischiarano l’interno dello spazio sacro.
Questo si presenta caratterizzato dal tema della luce, che proviene principalmente dal finestrone dietro l’altare, gestita e disegnata dalle due grandi vele che fiancheggiano e sormontano la navata senza mai ricongiungersi sul fondale del presbiterio: sulla loro superficie curvilinea in stucco chiaro apparivano le tracce lievi dei simboli della tradizione cristiana realizzate da Hélenè Delprat, ora divenute praticamente invisibili. I due frammenti di volta non poggiano mai a terra, definendo spazi come quelli per i confessionali, e venendo rischiarate anche dal sistema della luce artificiale su di loro proiettate dalla sequenza di riflettori su mensole.
Il sistema della luce naturale/artificiale è completato dai geometrici lucernari, intramezzati in modalità random alle travi strutturali del solaio piano di copertura.
Carlo Pozzi
Vedi anche il fotoreportage nella sezione “Grafie di luce”
Resurrezione di Gesù, Cino Zucchi | Fotoreportage di Filippo Poli