La sequenza di esempi milanesi sul tema del quartiere sperimentale comincia nel 1938 con il progetto “Milano Verde” che si sarebbe dovuto realizzare nell’area Fiera/Sempione su progetto razionalista di Albini, Gardella, Minoletti, Pagano, Palanti, Predaval, Romano.
Nell’immediato dopoguerra il testimone di questa sperimentazione passa all’architetto Piero Bottoni che nel 1947 diventa commissario straordinario della Triennale di Milano e viene incaricato del progetto e della realizzazione del QT8 (Quartiere dell’Ottava Triennale di Milano). L’area prescelta è molto degradata, caratterizzata da una baraccopoli e a rischio esondazioni del fiume Olona.
Il primo elemento innovativo diventa così il “Monte Stella”, una collina artificiale alta 45 metri, realizzata accumulandovi le macerie dei bombardamenti effettuati dall’aviazione anglo-americana durante la Seconda Guerra Mondiale, progettata dallo stesso Bottoni che le attribuisce il cognome della moglie, Elsa Stella.
Secondo Aldo Rossi: «il QT8 e il Monte Stella (…) rimangono (…) gli esempi più importanti e senza seguito, della situazione milanese».
Gli altri elementi che caratterizzano positivamente il quartiere sperimentale sono quelli ambientali e naturalistici: orti urbani, giardini condominiali, viali alberati, sentieri pedonali, il parco verde aperto al pubblico di 375.000 metri quadri.
C’è poi il ruolo di riferimento monumentale assunto dalla chiesa, voluta dal cardinale Schuster, a pianta circolare vincitrice del concorso bandito dalla VIII Triennale, anch’essa a carattere sperimentale per quanto riguarda la forma planimetrica e la volumetria complessiva.
I progettisti aggiudicatari del concorso, Vico Magistretti e Mario Tedeschi, propongono un edificio a pianta centrale per l’area oggetto di concorso: questa scelta tipologica permane anche dopo il “trasferimento” insediativo in un’area diversa da quella indicata nel bando di concorso.
La Chiesa di Santa Maria Nascente (progetto 1953 – realizzazione 1955 – consacrazione 1980), cattolica di rito ambrosiano, presenta una pianta caratterizzata dal leggero disassamento di due cerchi concentrici, in uno dei quali risulta inserita l’aula liturgica, nell’altro il portico che la perimetra e che si allarga davanti all’ingresso.
La struttura è scandita dalla sequenza di sedici pilastri in cemento armato a faccia vista che sorreggono un anello su cui poggia la copertura dalla forma conica sfaccettata, caratterizzata da costolature radiali sempre in cemento armato e realizzata con grandi tegole a canale: tra l’edificio e la copertura è presente uno stacco, definito da un infisso continuo a nastro, che contribuisce alla distribuzione di luce naturale all’interno.
L’interno dell’aula liturgica è caratterizzato dalla realizzazione di fondali circolari in mattoni, una scelta di carattere contrappuntistico rispetto ai temi cementizi fin qui descritti, motivata principalmente dalla necessità di attutire i problemi di carattere acustico scaturiti dall’uso della forma circolare e dai materiali “moderni” messi in campo.
Ai muri di mattoni si relazionano inoltre pannelli curvilinei in noce che diventano a loro volta fondale del matroneo. Le porte, i confessionali, i banchi per i fedeli sono anch’essi realizzati in legno di noce.
Il presbiterio è ancora una volta circolare ed è sopraelevato di alcuni gradini.
L’illuminazione artificiale è realizzata con piccole lampade, appese a cavi mantenuti in tensione da sfere in ottone, che determinano una sequenza discreta di punti luminosi.
Sul matroneo di mattoni, al di sopra del portale di ingresso, è collocato un prezioso organo a canne.
Al grande volume della chiesa si connette la sagrestia, con gli uffici parrocchiali, l’archivio, la biblioteca, l’abitazione del parroco e altri spazi; dal lato opposto si trova il battistero a pianta circolare che si relaziona in modo autonomo allo spazio dell’aula .
Quest’ultimo ha copertura in lastre di rame e paramento murario in mattoni a vista: è stato adibito a cappella feriale e presenta un altare in bronzo.
L’edificio della chiesa, perimetrato da un giardino, è stato adeguato liturgicamente e restaurato tra il 2007 e il 2008: l’intervento più significativo è stata la sostituzione del manto di coppi che proteggeva la copertura con un rivestimento in lastre di rame.
Carlo Pozzi
foto © Fondazione studio museo Vico Magistretti