Design per il sacro a Venezia

di Michela Beatrice Ferri

In “Monditalia”, una delle tre sezioni della Biennale di Architettura  di Venezia 2014, c’è anche un’esposizione di architetture per il culto, “Designing the Sacred”. Ce ne parla, in quest’intervista curata da Michela Beatrice Ferri, Marco Sammicheli, che ne è il curatore assieme ad Andrea Dall’Asta ( Direttore della Galleria San Fedele ) e a Don Giuliano Zanchi ( Direttore del Museo Diocesano “Bernareggi” di Bergamo ).

Marco Sammicheli, come nasce questa tua collaborazione con Monditalia e quando avviene il tuo incontro con il mondo dell’architettura del sacro ?

La collaborazione con Monditalia nasce la scorsa primavera quando condivido con l’architetto Ippolito Pestellini Laparelli dello studio AMO/OMA di Rotterdam la mia ricerca sul design per il sacro. Dal nostro scambio è nato l’invito a presentare un progetto che raccontasse l’architettura sacra italiana recente. Questa proposta doveva considerare i rapporti con la tradizione postconciliare e spingersi oltre. Il lavoro presentato è figlio di un percorso accademico iniziato nel 2006 e diventato oggetto della mia tesi di dottorato in design e tecnologie per la valorizzazione dei beni culturali svolta tra il Politecnico di Milano, la Pontificia Università del Chile e il design center di Unisinos a Porto Alegre.

 

Ci puoi parlare del progetto “Designing the Sacred”?

Il progetto è un ricerca aperta che presenta dieci chiese attraverso immagini e note critiche. La selezione svolta insieme a padre Andrea Dall’Asta e Don Giuliano Zanchi, tra i più lucidi intellettuali del dibattito su estetica e Chiesa, ha l’obiettivo di portare all’attenzione del pubblico internazionale della Biennale un catalogo di casi poco noto, lontano dall’attenzione mediatica e relativa speculazione, dove i rapporti tra architettura, arte contemporanea e liturgia sono stati fecondi o dialettici.

Quale idea sta all’origine di questo progetto ?

Le ricerche dell’architettura applicata alla religione e l’aggiornamento conciliare della liturgia cattolica si sono incontrati, dal dopoguerra in avanti, in un intenso lavoro progettuale. Esso trova riscontro nell’altissimo numero di chiese costruite negli ultimi cinquant’anni. Le condizioni di questo incontro hanno le loro radici nella pionieristica ricerca svolta in molti ambienti religiosi fin dagli anni venti, specialmente in Germania, Francia e Belgio. Per quanto riguarda l’Italia, il tema di una nuova architettura per la liturgia ha preso forma attorno agli anni del Concilio Vaticano II, trovando nelle diocesi di Torino, Milano e Bologna i centri di maggiore sperimentazione della materia. In tutti questi contesti, l’impegno a ridisegnare lo spazio per un nuovo spirito liturgico si è coscientemente sposato sia con il cammino dei nuovi linguaggi architettonici che con l’esigenza di dare alle nuove periferie urbane in rapida formazione elementi di ordine costruttivo e sociale. Questo laboratorio, attivo dagli anni sessanta fino ai nostri giorni, ha dato generato alcuni risultati esemplari che a distanza di tempo si impongono come un interessante riferimento. Una certa frenesia legata al grande sviluppo di quegli anni ha però prodotto anche molte applicazioni scadenti, che hanno di fatto compromesso la media qualità degli edifici per il culto cattolico dal dopoguerra ai nostri giorni. Alcuni progetti degli ultimi anni tuttavia sembrano suggerire una ripresa di consapevolezza e di qualità nella difficile intesa fra liturgia, architettura e arte contemporanea. Ancora rari e isolati ma solidi e convincenti. Non solo, il Vaticano II ha fatto emergere anche la necessità di intervenire negli spazi antichi con opportuni adeguamenti liturgici.

Dieci esempi di chiese in Italia,Etiopia,Qatar: in base a quali criteri queste chiese sono state selezionate per essere proposte come oggetto di indagine e al contempo come strumento di indagine da “Designing the sacred”?

I nostri criteri sono un processo di riflessione che incrocia cultura del progetto, cultura liturgica e spirito del tempo. Con la riforma liturgica del Vaticano II il rapporto fra rito cristiano e progettazione architettonica ha indubbiamente ritrovato slancio. In generale è stato vistoso per quantità: in 50 anni più di 5000 nuove chiese. La qualità però va cercata in un numero ristretto di esperienze spesso nate fuori dai confini dell’intenzione istituzionale, è il caso di Barbagelata. L’impressione è quella di un cammino ancora ai suoi inizi. Nel frattempo esso continua a produrre prove di incoraggiante consapevolezza. Sia nel caso della costruzione di nuove chiese come a Brembo di Dalmine e Cividale del Friuli, sia nei casi di adeguamento liturgico di chiese antiche, a Sedrina o Reggio Emilia, seppure manomesso. In tutti gli episodi che scegliamo di documentare, anche nei casi extra nazionali di Adwa e Doha, prevale un riuscito incontro fra cultura della fede ed estetica contemporanea.  Sono prove a emergere da un sentire del sacro ancora molto dominato dall’immaginario di una devozione inattuale o discutibile come nei casi di Roma, Terni e Paola.

Un esempio di chiesa:la chiesa di Brembo,frazione di Dalmine (Bergamo),progettata dallo studio “PBEB Architetti” di Bergamo. Per quali ragioni PROPRIO questa chiesa è stata scelta da voi come modello per “Designing the sacred”?

Comincerei parlando di Bergamo. Abbiamo indicato come sia proseguito il pioneristico cammino dell’epoca moderna di Milano, Torino e Bologna, ampiamente documentato dalla letteratura accademica, con una cronologia recente e una mappatura che parte da Bergamo. Questa città ha mantenuto il suo radicamento nella tradizione cattolica. In questa tenace permanenza si colloca una vivacità progettuale testimoniata dalle numerose chiese costruite a cui si aggiunge una tradizione artistica novecentista e contemporanea che a Bergamo è ricca anche in virtù della presenza dell’Accademia Carrara. Accanto a esercizi piuttosto convenzionali si trovano prove mature e in quest’ultimo decennio i primi tepori di una nuova intesa con l’arte contemporanea.  È il caso di Brembo di Dalmine con PBEB architetti: più che un semplice adeguamento liturgico, la riqualificazione di uno spazio dove i volumi puri di una chiesa/fabbrica degli anni Cinquanta trovano la loro vera vocazione mistica grazie a un’operazione di pulizia formale. Decisivo il ricorso a una non comune sapienza della luce. Oppure quanto fatto a Sedrina, dove in una chiesa cinquecentesca di matrice veneta l’arte contemporanea dimostra di poter interpretare la liturgia con rispetto e persuasione attraverso il lavoro di Mario Airò e Stefano Arienti. Tornando a Brembo le ragione di quella precisa scelta sono varie: la chiesa esistente, realizzata negli anni ’50, era caratterizzata da una struttura quasi industriale segnata da alcuni interessanti aspetti dal punto di vista dimensionale ma funzionalmente inadeguata e priva delle necessarie qualità in termini di spazio e di luminosità; il tema della luce ha costituito il filo conduttore dell’intervento. La realizzazione di numerosi modelli in scala e simulazioni infografiche ha permesso di controllare e gestire la resa illuminotecnica finale coniugando una certa esigenza “scenica” con un assoluto principio di sobrietà ed essenzialità; la realizzazione di un nuovo tiburio di copertura con un’ampia vetrata zenitale e una finitura interna in foglia oro ha consentito di trasformare uno spazio cupo e austero in un luogo caratterizzato da un’abbondante presenza di luce che accentua la composizione volumetrica dello spazio, il presbiterio è stato completamente riqualificato con un’operazione di pulizia e rimozione di tutto l’apparato decorativo e di rivestimento murario, disomogeneo e privo di ogni interesse artistico o artigianale, per realizzare uno spazio neutro che funge da sfondo alle poche presenze significative dal punto di vista figurativo e liturgico.

Come può il Sacro può dialogare con l’Architettura in epoca contemporanea ?

Le ricerche dell’architettura applicata alla religione e l’aggiornamento conciliare della liturgia cattolica si sono incontrati, dal dopoguerra in avanti, in un intenso lavoro progettuale. Darne conto con una sintesi aperta come “Designing the sacred” è il compito di questo racconto per immagini e note. Emergono delle ipotesi che premiano la ricerca in contesti periferici, il rapporto con la storia attraverso il contributo di artisti, l’identità di una religione in paesi dove il culto cattolico è espressione di una minoranza. Nelle parole di Giacobbe (Genesi 28,17) -” Quanto è terribile questo luogo. Davvero è la casa di Dio e la porta del cielo.” – si trova lo spunto e la volontà di osservare questo catalogo di chiese come ad un campione aperto. C’è lo sforzo di afferrare un’essenza del sacro che ne rispetti l’irriducibile differenza. Soprattutto prendendo in considerazione i contesti dove si sta giocando la partita tra secolarizzazione della società e religione. I satelliti, i confini, le periferie e le estremità sono i punti di ri-partenza di un rinnovato legame tra istituzione religiosa, architetti, artisti, ricercatori.

ALBUM

Marco Sammicheli, Andrea Dall’Asta, Giuliano Zanchi

Designing the Sacred

 14.Mostra Internazionale di Architettura, Fundamentals, la Biennale di Venezia

14th International Architecture Exhibition, Fundamentals, la Biennale di Venezia

 Photo By Francesco Galli

Courtesy la Biennale di Venezia

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