Due esempi di interventi artistici dei nostri giorni. Due modalità diverse e tuttavia efficaci e significative di come la cultura contemporanea sappia esprimersi, attraverso la luce e il colore, per comporre luoghi degni di ospitare l’azione liturgica. Ne parla Andrea Dall’Asta, S.J.
Dopo il Concilio Vaticano II, quali sono state le sfide della contemporaneità, sotto il punto di vista del rapporto tra arte, architettura e liturgia? Si può dire che se da un lato la Chiesa prende coscienza della drammatica frattura tra arte e fede, dall’altro sembra in difficoltà nel ripensare le modalità della propria presenza nel mondo.
In questo contesto dai tratti spesso drammatici, pochi sono gli esempi di opere d’arte per la liturgia o di architetture di chiese che si possano pensare compiutamente riuscite. Questo perché difficilmente si è tenuto a mente che tra arte e architettura intercorre una relazione molto stretta: le due non possono essere infatti semplicemente giustapposte, ma vanno integrate in un discorso comune sul senso dello spazio e sul suo modo di essere percepito.
Ricordiamo a questo riguardo l’intervento (inaugurato nel 1997) nella chiesa milanese di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa (costruita nel 1931 da Giovanni Muzio) progettato dall’artista americano Dan Flavin, protagonista della Minimal Art e sostenuto in Italia dal collezionista Giuseppe Panza di Biumo. La luce diffusa da neon colorati suggerisce un percorso simbolico: azzurro per la navata, rosso per la crociera e giallo per l’abside. L’intervento vuole significare la rappresentazione del cammino stesso dell’uomo, nel suo nascere, nel suo accettare il sacrificio della Croce, per accedere alla resurrezione e alla gloria. Entrati nell’edificio, l’uomo è come chiamato ad attraversare questo spazio che allude, grazie alla forza espressiva del colore, al senso di questo percorso. L’aspetto simbolico è evocato ancora quando, di sera, l’illuminazione che proviene dall’interno permette a chi sta fuori di cogliere l’edificio come luogo teologico, come corpo di Cristo che si fa luce per la vita dell’uomo. Si tratta di un’espressione esemplare, che mostra come sia possibile pensare un’arte liturgica secondo il linguaggio e le tecniche dell’arte contemporanea: in questo caso attraverso il semplice impiego di neon colorati. Il colore si fa spazio che permea e attraversa la vita stessa del fedele. Lo spazio colorato diventa il luogo simbolico dell’annuncio di una promessa. Il senso si fa immanente all’opera stessa.
Interessanti sono poi le ricerche di riqualificazione dell’ambiente architettonico (generalmente si tratta di chiese, ma possono essere anche edifici di carattere pubblico) del pittore lombardo Valentino Vago. I suoi interventi si caratterizzano come trasformazioni degli spazi, attraverso il colore che viene steso sulla pressoché totalità della superficie interna dell’edificio. Luoghi spesso anonimi e cupi sono in questo modo trasfigurati, come la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta (1999) a San Giorgio su Legnano, o come la chiesa parrocchiale dei santi Pietro e Paolo (2001-2002) a Rovello Porro. Questi spazi, dipinti con colori chiari – azzurro, giallo, bianco – sembrano aprirsi, scoperchiarsi, per lasciare intravedere un mondo in cui tutto appare pacificato e armonizzato. La cupola, come in San Giorgio su Legnano, si trasforma in un’immensa calotta, irradiata da una luce sconfinata, da cui scende la Gerusalemme Celeste. Lo spazio diventa luogo che accoglie la teofania divina, la bellezza solare delle origini che ci attende alla fine dei tempi.
Sono solo due esempi. Ma indicano che anche oggi l’arte e l’architettura possono incontrarsi e comporre spazi dignitosi quanto eloquenti.
GALLLERIA IMMAGINI