Dolce è la luce è il titolo di un suo libro dedicato principalmente alla luce di Sicilia dove da piccolo aveva passato le sue estati. Nato a Varese da genitori originari di Gela era l’incipit della sua biografia perché era legato alla Sicilia che gli aveva regalato sin dall’infanzia la sua “luce”.
È stato un fotografo, un curatore, un editore e direttore di collane, un saggista, un docente, e anche il primo fotografo a essere ammesso all’Accademia nazionale di San Luca nel 2022.
In tutte le sue biografie si leggeva questo incipit: la sua opera si genera nell’estetica teologica di Romano Guardini, Hans Urs Von Balthasar e in quella della Chiesa d’oriente incontrata in Pavel Evdokimov, Olivier Clément, e Andreij Tarkovsky ed ha come tema principale del suo lavoro il rapporto tra luogo e destino della civiltà occidentale, nel segno dell’infinito che si apre nel tempo istantaneo proprio della fotografia. La sua è una fotografia che prova a confrontarsi con la genealogia della storia del pensiero e della fotografia. Una umana avventura fuori dai sentieri tracciati della fotografia italiana e internazionale cercando di far dialogare il linguaggio dell’immagine con quello della filosofia e della teologia.
Giovanni – spiega il filosofo Silvano Petrosino – amava riflettere sulla possibilità con la macchina fotografia della messa a fuoco sull’infinito. Quando si parla dell’infinito spesso si parte per la tangente. Un vero artista, e Giovanni lo era, fa emergere l’infinito dentro il finito.
Tutto questo emergeva nella luce con cui fotografava il mare, le case o i volti, forse le sue cose più belle. La sua opera ne è stata una conferma.
Nel 1984 è uno degli artisti radunati da Ghirri per “Viaggio in Italia”, che diventerà il manifesto del nuovo paesaggio italiano. La fotografia d’autore in Italia non è ancora capita però questo limite non gli impedisce di creare una serie di opere memorabili: “Terra del ritorno” (1989), “Penisola delle Figure” (1993), “Westwards” (1997), “Ai confini del mare” (1999), “In corso d’opera” (2000), “Cerchi della città di mezzo” (2000), “Dolce è la luce” (2003), “Come un enigma_Venezia” (2006), “In Berlin” (2009), “Nascosto in prospettiva” (2009), “L’altro_Nei volti e nei luoghi” (2010), “Ultima Sicilia” (2016), “Salvare l’ora”(2018), “Realismo Infinito” (2022).
Nel 2012 cura la voce “Fotografia” nel volume “Architettura del Novecento” per Einaudi.
Ha diretto le campagne fotografiche per la realizzazione di un libro sui Cicli dei Mosaici del Duomo di Monreale e sui mosaici della Cappella Palatina di Palermo.
Sono più di 100 il numero di servizi realizzati per le più importanti riviste di architettura.
Per Lotus international, per Casabella, per Domus, Abitare, per tutti loro aveva fotografato progetti fin dai primi anni ’90, di cui molti in terra siciliana.
In sintesi Chiaramonte ha cercato per tutta la vita di “mettere a terra il cavalletto” per riuscire a mettere a fuoco l’infinito nel realismo e nella consapevolezza che l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio. Inoltre lui era un fotografo con il “libro”, era un uomo di pensiero che sapeva che pensiero e azione sono in un legame indissolubile.
La sua ultima mostra “Realismo Infinito” è stata allestita a Palazzo Branciforti a Palermo.
Fu in quella occasione che ci siamo sentiti per l’ultima volta.
Santo Eduardo Di Miceli
le foto sono per gentile concessione di Santo Eduardo Di Miceli