Breve storia di un tesoro del 500 conservato sotto gli occhi di tutti ma da molti sconosciuto. I locali della Chiesa di San Legonziano a Lanciano che si trovano al di sotto della Chiesa di San Francesco, e gli affreschi in esso conservati, sono, come conferma fra l’altro Ignazio Galvini, illustre storico dell’arte che ha catalogato i tesori artistici della regione abruzzese, la piccola parte di ciò che rimane di un grandioso complesso sacro dedicato a San Longino, il centurione lancianese, poi convertito al cristianesimo, che la leggenda vuole aver colpito Gesù al costato quando era crocifisso.
Ma, anche non tenendo conto della leggenda è comunque sicuro che fra il nono e l’ottavo secolo l’edificio sia stato dimora di monaci di rito greco: i Basiliani. Nel 1195 Enrico sesto conferma la cacciata dei basiliani ai quali succedettero i benedettini che presero possesso dell’ormai derelitto convento, l’attuale San Francesco, cui era annessa anche San Legonziano.
Nel corso dei secoli degli affreschi vi se ne era persa traccia poiché l’edificio, sconsacrato, era, con le leggi napoleoniche di soppressione degli ordini monastici, passato in mano di privati e da qui trasformato in cantina, trattoria e in fine bottega.
Recuperati dal Comune di Lanciano hanno pian piano rivelato tutto il loro antico splendore che il tempo e l’incuria, avevano, purtroppo, in alcuni punti irrimediabilmente cancellato. Nel corso dei lavori di restauro sono infatti affiorati dipinti murali di pregevole fattura sia sulle pareti che sulla volta. Si tratta di affreschi dei quali lo storico lancianesi Giuseppe Maria Bellini (1859-1940) ci ha lasciato una minuziosa descrizione pubblicata per la prima volta da Marciani nel Bollettino della Deputazione abruzzese di Storia Patria.
Il locale si compone di una lunga navata di circa 20 metri per sei con volta a botte. A sinistra di chi entra verso la fine della navata, una bassa ed ampia arcata a tutto sesto immette in uno spazioso locale o cappellone con finestre allungate e volte anch’esse a sesto acuto. Tanto la navata che il cappellone sono interamente ornati di affreschi, divisi in tanti comparti, raffiguranti scene ispirate all’Apocalisse. Al di sotto di questa scena corre un fregio dove sono alternati medaglioni rappresentanti le Virtù e numerosi animali simbolici come ad esempio Chimere o Sirene.
Nella parte sovrastante l’arco d’ingresso doveva collocarsi, molto probabilmente, la scena centrale del giudizio, ma sfortunatamente nulla più si scorge. Ai lati si notano ancora molto distintamente due scene, in particolare una: Il Battesimo. Entro una vasca un uomo ignudo in ginocchio con le mani giunte affiancato da un sacerdote che gli versa l’acqua sulla testa. Fuori dalla vasca due bambini ed una donna che aspettano di ricevere il Battesimo.
Al di sopra della scena troviamo una leggenda: “Tutti li Giudei si Batiseranno”. Ma ciò che più è prezioso è l’iscrizione della data dell’esecuzione dell’opera sulla base della vasca: MCCCCCXV die – XVI de magio.
Altri affreschi si trovano sul muro di fronte al precedente dove troviamo Sant’Antonio Abate e San Giovanni Battista con in mano una tavoletta con incisioni gotiche. Il resto è scrostato, come pure vi sono perdite di intonaco al di sotto le ginocchia delle figure. Più a destra appare una crocifissione dove solo la Madonna è intatta. Si intravede una Maddalena bellissima con un vaso di profumi nelle mani, e al di sopra di essa troviamo un suggestivo simbolo: l’agnello della pace con la tradizionale bandiera.
di Clara Labrozzi