Dopo un lungo confronto sulle competenze nel settore dei Beni Culturali tra ingegneri e architetti, la sentenza 21/2014 del Consiglio di Stato pone la parola fine al dibattito confermando l’esclusività di competenza dell’Architetto, in virtù della propria formazione professionale, in tale settore.
Esclusività già introdotta dall’art. 52 del Regio Decreto 23 ottobre 1925 n.2537, il quale disciplina le professioni di ingegnere ed architetto, e asserisce che “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 20 giugno 1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.
Tale sentenza nasce dalla scoperta di cantieri di restauro, ristrutturazione e consolidamento di edifici storici vincolati, nei quali il progettista e/o il direttore dei lavori erano ingegneri, geometri, archeologi o storici dell’arte; la sentenza non vieta la possibilità che tali figure operino in questo settore ma ribadisce che la responsabilità e il coordinamento devono essere di un architetto.
Il Consiglio di Stato fa notare che la Direttiva 384/1985 non ha portato a un’equiparazione tra il titolo di ingegnere e quella di architetto e che la “riserva” a favore degli architetti non è una discriminazione verso gli ingegneri i quali, anche all’estero devono aver perseguito un’adeguata formazione in storia e tecnica dell’architettura prima di poter ottenere incarichi, dunque operare, su un immobile storico.
Sentenza 21-2014 del Consiglio di Stato
Alessandro Pomarici
Particolare del portale e rosone Chiesa di San Silvestro – L’Aquila (AQ)