Affrontare il tema dell’enigmatico artista vissuto a cavallo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, è sempre complesso. Basti pensare che la sua stessa identità è ancora un mistero. Infatti, il nome identificativo “Maestro di Castelsardo”, proposto per la prima volta da Enrico Brunelli nel 1907, non ha ancora nessuna attribuzione effettiva.
Molti storici dell’arte hanno dedicato vite intere al “Maestro”, e negli ultimi decenni sono state fatte grandi scoperte e proposti nuovi spunti di indagine. Un artista che stimola gli studiosi per la sua unicità, da annoverare tra i massimi esponenti della fase di passaggio tra la pittura gotica di ispirazione iberica e i nuovi impulsi dati dal rinascimento italiano e dalle correnti fiamminghe. Tra gli addetti ai lavori colpisce il numero delle opere che continuano ad essergli attribuite in tutta Europa: dalla Spagna al Regno Unito, dalla Corsica alla Sardegna. Proprio il suo nome identificativo deriva dall’antico borgo di Castelsardo, nel nord dell’Isola, dove sono raccolti alcuni dei suoi lavori più prestigiosi.
In maniera provocatoria si potrebbe affermare che il “Maestro di Castelsardo” non esiste. Spiegando meglio questo concetto, si intende rimarcare che forse si sta cercando una persona che fisicamente non è mai vissuta. Infatti, quello che viene comunemente chiamato “Maestro di Castelsardo”, in realtà potrebbe essere un’impresa di artisti altamente specializzati, che operava in vari campi per far fronte alle numerose committenze.
Il recente volume di Don Francesco Tamponi che contiene una meticolosa ricerca multidisciplinare, arricchita da un’introduzione del professor Claudio Strinati, apre nuovi orizzonti sui futuri studi legati al “Maestro”. In seguito si descrivono più nel dettaglio le nuove scoperte.
Lo studio storico-archivistico ha permesso di indagare su moltissimi documenti inediti presenti all’interno dei fondi del Capitolo, della Curia e della Parrocchia di Castelsardo. Questo lavoro ha portato ad una plausibile ricostruzione che rivoluziona gli studi condotti sull’assemblaggio del grande retablo che anticamente era nato per la Cattedrale di Castelsardo, dedicato al suo patrono Sant’Antonio Abate. Al centro del dorsale poteva essere presente proprio il simulacro del santo anacoreta. Nuove informazioni riguardano anche la data in cui il retablo fu rimosso dall’altare maggiore. L’anno è il 1599, al termine del grande cantiere che ampliò l’aula liturgica e realizzò un nuovo presbiterio dotato di coro ligneo. Sono sopravvissuti all’incombere del tempo ed alle mille vicissitudini della cattedrale solo tre grandi tavole e parte della predella.
L’indagine in campo artistico delle opere del “Maestro” presenti a Castelsardo, si è basato su una ricerca comparativa legata agli stili e ai tratti somatici dei soggetti raffigurati. In particolare, la grande novità sta nel raffronto fra le opere pittoriche attribuite al “Maestro” e alla statua del patrono della Cattedrale, inedita e mai studiata in maniera approfondita. Visivamente le rassomiglianze sono molto accentuate. In particolare la tavola della Trinità ha delle forti similitudini con l’intaglio di Sant’Antonio Abate, così come la parte della predella superstite, che raffigura quattro dei dodici apostoli. Si rimanda alle immagini allegate per un approfondimento.
La sezione sulle ricerche scientifiche è stata affidata ai professori Francesco Delogu e Pier Carlo Ricci, e alla dottoressa Anna Laura Sanna, tutti dell’Università di Cagliari. I risultati sono sorprendenti e avvalorano le tesi di don Tamponi. I pigmenti presenti nelle tavole e nella statua policroma di Sant’Antonio Abate sono stati analizzati attraverso la spettroscopia raman, una tecnica non invasiva, impiegata ampiamente nel campo dell’arte a livello internazionale. Mettendo a confronto i dati prodotti, si è constatato che si tratta delle stesse materie utilizzate sia nelle tavole che nel simulacro. In particolare, il rosso vermiglio è identico. Si tratta di una sorta di “impronta digitale” che ha permesso di attribuire, in modo inconfutabile, questa inedita opera d’arte scultorea al Maestro di Castelsardo. A questa analisi si aggiunge il fatto che il legno di supporto utilizzato nel retablo e nella statua sono i medesimi.
Questo studio apre nuovi scenari inaspettati sulle future ricerche legate al “Maestro”. Nello specifico si pensa di eseguire analisi approfondite su altre statue mai esaminate presenti nell’Isola, nei luoghi dove si trovano altre opere dell’artista.
Il sogno di ogni ricercatore resta comunque quello di trovare un giorno, in un angolo inesplorato di qualche archivio, un contratto di committenza con la firma in calce dell’artista (o degli artisti?).
Fabio Ardau
Bibliografia Essenziale
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AA.VV., Retabli. Arte sacra in Sardegna nei secoli XV e XVI, Cagliari, 1993.
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Marco Antonio Scanu, Il retablo di Tuili. Depingi Solempniter. Uomini, viaggi e vicende attorno al Maestro di Castelsardo, Ghilarza (Or), 2017.
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