IL MUSEO NAZIONALE ICONOGRAFICO ONUFRI, BERAT

Museo Nazionale iconografico Onufri a Berat

Agron Polovina, Direttore del National Museum Center, Berat

 

La città di Berat agevolata dalla posizione geografica e la prosperità della zona circostante ha sviluppato una vita continua dalla sua fondazione (IV-III secolo aC) fino ai giorni nostri. Le glorie dei periodi storici, le cadute nella lunga oscurità, non possono sminuire la sua importanza in momenti diversi e l’impatto che ha avuto. Centro medioevale episcopale dipendente dall’arcidiocesi di Durazzo e di Ohride, nel XVIII secolo, si è aggiudicato la propria indipendenza e conservando dei rapporti diretti con il Patriarcato di Costantinopoli “il Sacro Metropolis” di Berat divenne un importante centro di produzione e conservazione di importanti valori di pittura bizantina e post-bizantina giunti fino ai giorni d’oggi costituiscono importanti tesori della cultura nazionale. Dal periodo bisantino (sec. VI) ha ereditato alcuni elementi architettonici riutilizzati nelle chiese successive (XVI secolo), ma i famosi codici conservati nelle biblioteche di Mitropolia, Codex Purpureus Beratinus (codice viola del secolo. VI) e del Codex Arueus Anthimi (Codex Aureus secolo IX), Epitaph di Gllavenica (sec. XIII) e i quadri dell’epoca paleologa della chiesa della Santa Trinità (XIV secolo) sono testimonianze dell’importanza dei valori culturali e artistici della città che ha raccolto.

Il Museo Onufri è stato adattato alla Chiesa “La dormizione di Maria” al castello di Berat già dal 27 febbraio 1986. Il museo prende il nome dal maestro della pittura albanese del XIX secolo “Onufri”, che realizzò una parte molto importante della sua produzione iconografica nelle chiese della città di Berat.

L’adattamento di questo museo alla sede della cattedrale “La dormizione di Maria” si proponeva di creare l’atmosfera in cui l’arte iconografica è stata realizzata e conservata all’interno degli ambienti del museo. Il complesso museale è composto da sala  centrale, il naos centrale con l’iconostasi, trono del Metropolita, l’altare([1])con il baldacchino, il pavimento decorato e i dipinti murali i quali sono stati conservati come parte integrante della linea di museo, mentre nei locali adattati del portico sul lato nord e quello ovest è esposto il resto della collezione; icone e oggetti liturgici che rappresentano il prodotto e gli autori iconografici in un periodo([2]) di sei secoli (dal XIV al XIX secolo).

La collezione del museo si compone di 200 oggetti, icone e oggetti liturgici selezionati dai fondi di chiese e monasteri della regione di Berat e di Myzeqe realizzati da maestri  iconografici quali Onufri, Nikolla, Onufër Qiprioti, David Selenica, Kostandin Shpataraku, i fratelli Zografi e i pittori della famiglia Çetiri (Gjergji, Johan, Nikolla, Naumi, Prendi e Gjergj il giovane) e altri pittori anonimi. Gli intarsi in legno della Cattedrale sono state realizzate da atelier locali guidato dai maestri Stefan Barka di Naum Ngjela all’inizio del XIX secolo. Mentre gli oggetti liturgici sono state principalmente realizzate da maestri locali.

LA  CATTEDRALE  “LA DORMIZIONE DI MARIA”

La Cattedrale “La dormizione di Maria” è situata all’interno del complesso architettonico del Centro Storico del Castello di Berat, è la chiesa più grande e il monumento più rappresentativo dell’architettura post-bizantina nella città di Berat. Ricostruita nel 1797 sulle rovine di un’antica chiesa, secondo con la scritta sulla porta d’ingtresso che riporta “al tempo di sua Eccellenza ed illustrissimo di Berat, il signor Joasaf …” periodo corrispondente allo stacco della Metropoli di Berat dalle dipendenze della Patriarca di Ohrid (1767) e un atteggiamento permissivo, stimolando la rivitalizzazione e l’erezione di edifici ecclesiastici che conoscerono un alto livello di sviluppo. Le chiese di questo periodo si distinguono per le loro grandi dimensioni, l’alto livello di tecnica costruttiva e l’accurato trattamento architettonico ([3]).

La cattedrale come struttura rappresenta un volume compatto, costituita da parte centrale, narteks, portico e una serie di spazzi ad essa antigui sul lato nord,  arco del portico preceduto da un cortile dove si trova la porta d’ingresso principale. Naos rappresenta una basilica costituita da tre parti suddivisa da due file di colonne. La parte centrale è più alta delle altre due. Amvona (1849), il trono ecclesiastico, in particolare l’iconostasi (1807), interamente scolpito in legno e rivestito d’oro, crea un elemento inaspettato bello ed impressionante. L’iconostasi della cattedrale “La dormizione di Maria” occupa l’intera area di naos a tre parti nella zona di 11,5 m, ergendosi a un’altezza di 6,7 m. Fa parte delle migliori realizzazioni dei maestri albanesi scultori di legno del XIX secolo, periodo il quale ha determinato un grande sviluppo di quest’arte che era principalmente caratterizzata dalla grandezza dei volumi e la loro imponenza.

Nell’Iconostasi realizzato con un alto livello di lavorazione dal gruppo di scalpellatori guidato dal capomaestro Stefan Barka. Gli intarsi raggiungono notevole profondità, facendo si che i motivi si allontanino significativamente dallo sfondo. I motivi principali utilizzati sono quelli riguardanti le piante, i zoomorfi e gli essere umani intrecciato in modo armonioso, riportano caratteristiche delicate, in cui domina appunto la delicatezza, il buon gusto e l’effetto esteriore che suscitano[4]. Iconografi della famiglia Cetiri guidati da Johan (1814) realizano nella parte in alto 27 piccole icone (festive), 7 delle grandi icone (reali), i medaglioni a forma di cerchio in cui sono stati dipinti i profeti e gli apostoli, “Le Porte Reali” e le due porte laterali. Solo 3 grandi icone (reali) vengono attribuite al maestro Onufri; l’icona della “Vergine con Gesù”, una delle più belle icone non solo di questa collezione, l’icona di “Cristo Pantocratore” e quella di “Giovanni Battista”.

L’icona di Santa Maria Odigitria) rappresenta la tipologia iconografica prediletta della pittura bizantina e post-bizantina. Il rivestimento metallico decorato con motivi geometrici e naturali realizzati sotto forma di stampo ricopre lo sfondo dell’icona accerchiando i ritratti di Maria e di Cristo con aureole scolpite in rilievo. Nell’opera predominano i colori freschi, i forti contrasti, l’eleganza della silhouette, e un serpeggiare stilizzato sul foglio d’oro e la sua perfetta tecnica. La parte terminale dello sfondo dell’icona è abbellita con motivi floreali aggiungendo ad essa la ricchezza e la gamma dei colori tipici di Onufri. Lo stile elaborato e l’iconografia di quest’icona sono elementi dell’arte dei paleologi, che hanno raggiunto una forma perfetta nel XIV secolo. Nei ritratti dei suoi santi è intenzionalmente sottolineata la parte degli occhi, con le sopracciglia arcate e le borse di lacrime sotto gli occhi.



PADIGLIONE DELLE ICONE

Nella collezione del Museo Nazionale Onufri risalenti ci sono poche icone risalenti al periodo bizantino (c. XIV-XV). Esse sono esposte nei locali pianterreni sul lato settentrionale del portico. Un’icona di piccole dimensioni raffigurante il tema dell’“Annunciazione” di inestimabile valore è stata realizzata secondo la tradizione bizantina. Sullo sfondo d’oro di fronte ad un paesaggio di architettura, sono dipinte con grande maestria come in una miniatura ingrandita le due figure, trattate con strumenti decorativi pittorici, in cui predomina il colore giallo, quello dell’oro. Un’altra icona, quella di “San Michele” (sec. XV) un esemplare raro è stata dipinta anche sul retro, l’unico esempio di questo tipo dell’arte iconografica bizantina in Albania. L’icona della Vergine Maria (XIV secolo) tipico di questo periodo nello stile che rappresenta, si vedrà più tardi un sottile rivestimento in oro che permetterà la visibilità solo dei ritratti ma che sotto di essa il dipinto realizzato è contraddistinto per i suoi tratti peculiari e un alto livello di esecuzione. Tutte e tre queste icone sono realizzazioni di maestri anonimi.

Nell’area ovest è stato esposto il maggior numero di icone di questa collezione tutte appartenenti al periodo che va tra il XVI e il XIX secolo. Questo periodo è determinato dalle nuove condizioni d’incursioni degli ottomani e dalla conversione islamica della nobiltà locale e quella della popolazione. Nel corso dello sviluppo dell’arte iconografica è conosciuto come il periodo di arte post-bizantina contraddistinto da una rapida produzione di icone e affreschi che raggiungono un alto livello artistico. Berat in questo periodo è stato un importante centro economico e culturale, divenendo nello stesso tempo il principale centro che teneva viva e tramandava la tradizione della realizzazione delle icone nei territori albanesi del XVI secolo.

Onufri rimane il rappresentante più importante di questo periodo, che nella Storia dell’Arte albanese è indicato come “la scuola di Berat”. Nelle opere da lui ereditate si è avuto modo di rendersene conto del fatto che egli sia stato il migliore dei maestri, il più importante, professionalmente impeccabile il quale ha avuto un’influenza indiscussa sugli iconografi che gli succedettero fra cui Nicola, Cipriota e molti altri pittori. L’iconografia di Onufri è nota per aver ereditata l’arte del periodo dei paleologi, per aver subito l’influenza della scuola di Creta e della scuola italiana degli anni 1400, di Venezia e di Ohrid.

L’arte di Onufri è nota per l’alto livello di tecnica eseguita, l’eleganza dei disegni ed i rapporti fra i colori abbastanza attraenti, la drammaticità nei ritratti dei santi che dipinge, il decoro lavorato in oro, l’utilizzo dei motivi di natura e painte ed il rivestimento in oro dello sfondo di alcune icone reali.

Di questo grande maestro sono esposte sette icone; “Teodor Tironi e Teodor Stratilati”, “Entrata di Cristo nel Tempio”, “Dormizione della Vergine Maria”, “Madonna con Gesù” “Annunciazione”, “San Giovanni Battista”, “Deisisi allargato con i santi”.

Nicola venne formato come un artista importante nella bottega del padre, Onufrio, ma i suoi dipinti sono privi di quella carica emotiva e quella tecnica che era propria del maestro. Vengono eleminati gli sfondi rivestiti di metallo e vengono sostituiti da quelli a colori, privi di decorazioni e cornici addobbate. Di lui sono esposte le icone “Nascita di Cristo”, “San Mehilli” “Deisisi ampliato” e le tre icone reali: “Cristo Pantocratore” “Madonna con Gesù” e “Giavanni Battista” che si distinguono per la composizione dimensionale, la gamma di colori e contrasti dove si sente l’influenza di Onufri.

Onufri Cipriota è un altro grande maestro legato all’arte della pittura nelle chiese di Berat. Sebbene sia stato influenzato dai dipinti di Onufri e di Nicola, la sua pittura mostra distinte influenze occidentali fra cui quelle provenienti dalla scuola veneto-cretese. Del Ciprioti sono esposte “Le porte reali” e due icone di grandi dimensioni: “Cristo Pantocrator” e l’icona “San Nicola con scene di vita” (1591).

Nel museo sono esposte anche icone di altri autori anonimi successori di Onufri, icone di Costantino Shpatarku di piccole dimensioni tra cui “Sana Harallambi con scene di vita” realizzate con particolari abilità in cui emergono miniature e perfezione. Molto più dettagliate, sono 12 scene raffiguranti la sua vita e i suoi contributi con dei disegni accurati e colori caldi che si fondono con lo sfondo dorato. Un’altra icona è “San Demetrio”, icona conforme ai canoni dell’iconografia bizantina ma di cui non mancano elementi moderni. Di David Selenica è esposto “Costantino ed Elena” (XVIII sec.) in cui i due appaiono con un atteggiamento dignitoso, indossano abiti imperiali preziosi, stilizzati con motivi floreali su un rivestimento di fili d’oro. Lui è considerato un importante artista dell’iconografia post-bizantina che ha influenzato molto suoi successori fra cui Costantino Shpataraku, i fratelli Zografi, la famiglia Çetiri, così come altri autori dell’inizio del XIX secolo.

In questo ambiente sono esposti una serie di icone particolari di vari autori anonimi ma che manifestano chiaramente caratteristiche dell’iconografia post-bizantina del XVIII secolo  che viene considerato, nell’arte iconografico, come un periodo moderno e liberale, che tratta di argomenti interessanti, rari, noti per la loro particolare composizione, che indicano chiaramente i legami con le tradizioni locali[5] ed i riferimenti ad esse tramite l’utilizzo degli elementi di vita quotidiana.

L’icona “L’ ultima cena” è una delle icone che fa parte del programma iconografico delle “Grandi festività” locali. L’icona è nota per la sua composizione unica, intorno a un tavolo con i suppellettili che completano la scena rammenta le varie “Sofra” (piccoli tavoli rotondi apparecchiati per terra) e gli oggetti della cultura orientale. L’icona “La sorgente di vita”, in cui dentro la scena del dipinto vengono intrecciati elementi distintivi dell’architettura delle due religioni, quella cristiana e quella islamica ed è considerato un simbolo di convivenza religiosa. L’icona “Assedio di Costantinopoli” e l’icona “Quaranta martiri” sono opere che si trovano nella cattedrale “La dormizione di Maria” e trattano argomenti interessanti e assai rari. I Çetiri, sono iconografici importanti e ben rappresentanti nella collezione del museo. Di questi, oltre alle icone dell’iconostasi della cattedrale sono esposti un grande numero di icone.

Per oltre 100 anni (1775-1866), i pittori della famiglia di Grabova, i Çetiri (Gjergj, Johan, Nicola, Naum, Pendi e Gjergj figlio) hanno dipinto chiese ed iconostasi  nella zona di Myzeqe, Berat e Valona in almeno 12 chiese importanti. Il loro lavoro è raffigurato in diverse migliaia di metri quadri di affreschi e innumerevoli iconostasi il che è considerato un importante contributo per l’iconografia ortodossa albanese. In questi lavori si può notare l’influenza dei pittori di Gorizia, i Zografi. Questi maestri dipinsero nello stesso atelier tramandando la propria bravura in intere generazioni future. Il maestro più importante, Johan, appare come il miglior miniaturista. Il loro prodotto iconografico nella collezione del museo “Onufri” rappresenta un gran numero di opere (icone e affreschi), che sono firmati o attribuiti ai Çetiri. Nelle loro icone loro mandarono avanti la tradizione conservando i tratti post-bizantini della tradizione ecclesiastica, adottando allo stesso tempo altri elementi della pittura decorativa ispirata dalla tradizione popolare fornendo ai fedeli un’iconografia più leggibile e più interpretabile, i cui temi corrispondono a più esperienze umane e altri elementi realistici di Myzeqe[6].

Un icona speciale, quella di “Santa Maria con Gesù e i santi” del 1810, è l’opera di Joan Çetiri mentre la cornice è stata realizzata con intarsi e rivestita d’oro da Stefan Barka. Essa rappresenta l’immagine della Vergine Maria che accarezza Gesù. Lavorata con grande maestria ed eleganza riporta la scritta “QQQ quest’icona appartiene alla Mitropolia di Berat, a Josaf; è stato dipinto per mano di Joan Çetiri e scolpita da Stefano l’11 luglio 1810”.

In questo ambiente è esposta una parte della collezione di oggetti destinati a servizi liturgici appartenenti al XVII – XIX secoli: candelabri decorati con elementi floreali e zoomorfi (XVI secolo), calice per le comunioni, bicchieri in cui tenere olio benedetto (XVIII – XIX), posate d’argento per tenere l’incenso (1860) abbellita di incisioni, scatole di lipsane (reliquario) (1827), piastre metalliche decorate con motivi biblici, portacandele, croci d’argento (XVIII – XIX), eksaptergat (ripidia) (1860) eseguite magistralmente su metallo ad un alto livello da artigiani locali ma portate anche da grandi centri. Della collezione fanno parte anche un numero di Vangeli e diverse copertine che hanno un valore teologico, storico ed artistico realizzato completamente in rilievo, su una foglia d’argentato (1755) o rivestita di un tessuto di velluto rosso intrecciata a rilievi su foglia d’argento disposti nel centro della copertina e agli angoli (1776). Le realizzazioni sono ben eseguite, con raffinatezza, precisione ed eleganza, dimostrando l’alto livello che tali abilità avevano raggiunto a Berat.

Parte di questa collezione sono anche le icone di San Demetrio (1888) realizzato su foglia d’argento e l’icona “L’ascensione in cielo del profeta Ilias” (1929), opera del grande maestero Agathangjel Mbrica prova che testimonia l’esistenza di queste botteghe nella città di Berat fino all’inizio del XX secolo.

PADIGLIONE “TESORI DORMIENTI”

La mostra “Tesori dormienti” è stata allestita al secondo piano dell’ala occidentale del portico, in un ambiente speciale e suggestivo. È un padiglione proposto ai visitatori come una mostra permanente.

Del maestro Nicola è esposto il baldacchino completo dipinto per l’iconostasi della chiesa di Santa Maria Vllaherna, nel castello di Berat, un dipinto molto interessante trattato con eleganza nella tipica gamma cromatica. Tutto è circoscritto da una splendida cornice con motivi floreali stilizzati rivestiti di uno strato d’oro. Dello stesso autore sono le tre icone tre reali: Cristo Pantocratore, Madonna col Gesù e Giovanni Battista, che si distinguono per la loro composizione dimensionale, lo spettro dei colori e contrasti in cui appare chiara l’influenza di Onufri. Di Onufrio Cipriota sono esposte due icone di grandi dimensioni: “Cristo Pantocratore” trattato in modo maestoso e colori caldi (ocra, marrone, giallo e rosso) che sono tipici dell’arte del Cipriota nonché lo sfondo stilizzato con motivi floreali in cui si può scorgere l’influenza di Onufri. L’icona “San Nicola con scene di vita” (1591), il santo viene raffigurato con area solenne, atteggiamento rafforzato dall’abito ecclesiastico che porta, decorato con croci sulle spalle. Sulla figura di Nicola distinguiamo in miniatura l’immagine di Gesù Cristo a sinistra e quella di Santa Maria a destra riportati su uno sfondo dorato. Invece, le 13 scene che circondano il santo rappresentano la vita, le sofferenze, i miracoli, i contributi e infine il suo sonno (la morte). L’icona risale ai primi anni dell’attività creativa di Onufrio Cipriota a Berat. L’icona intitolata “Lo stratega” (San Demetrio) è attribuita alla scuola di Onufri. Quest’opera è stato prelevato dalla chiesa di “Evangelizzazione” nel castello di Berat da dove vengono anche altre icone del maestro. È un’icona di piccole dimensioni ma decisamente unica dal punto di vista del valore che ha ed il modo in cui è stata realizzata. Nella composizione della scena monumentale si notano i dettagli stilizzati di motivi floreali entro una miniatura perfetta. I forti contrasti e il gioco tra colori caldi e freddi parlano dell’influenza del maestro Onufri. Le aggiunte, i ridisegni o gli adattamenti del legno di tiglio, parte della sua storia, testimoniano dell’uso che di esso si è fatto nel corso del tempo. Nello stile ed il trattamento tipico dei iconografici Çetiri rientrano le grandi icone “Sant’Atanasio” e “La nascita di Maria”. Nella seconda icona gli abiti e gli arredi che completano la scena sono particolari. Il tutto viene espresso per mezzo del potere dei colori e dei contrasti in cui predomina il rosso e il porpora. Le icone per il loro trattamento fanno ricordare la seconda generazione dei Çetiri. Altre icone fra cui “La dormizione della Madonna”, “Mesipendicosti” “Cristo Pantocratore”, “La resurrezione di Lazzaro” per la composizione, i colori tipici e la stilizzazione vengono attribuite al lavoro compiuto dei Çetiri.

In questo padiglione si trovano alcune icone di autori non identificati. Tra di esse è da apprezzare l’icona “Cristo onnipotente” che appartiene alla chiesa di San Teodoro nel Castello, XVI-XVII secolo.

Un oggetto particolare è la Cassa dei contributi, con la scena riportante “Il Giudizio Universale”. Gli artisti Gjergj e Ndini Çetiri raffigurano un carattere tematico molto popolare e una linearità nell’adattarsi alla tendenza artistica che ha dominato la regione nella seconda metà del XIX secolo. In quest’ambiente sono esposti altri due oggetti speciali, le urne color argento e le lipsane che, secondo l’incisione del 1823 riportata su una di esse, appartengono al missionario slavo, San Angjellari. In questa cattedrale vengono conservate le reliquie dei santi Gorazd e Angjellari, discepoli di San Metodio e San Cirillo, di cui si ritiene abbiano aver svolto la loro missione in Albania (IX – X sec.), soggiornando a Berat, luogo in cui “dormirono” e vennero sepolti. Nelle due icone dei “Sette santi slavi” (Eptaritmi), in cui viene raffigurata “la dormizione” dei santi”[7], in un paesaggio che accompagna le immagini appaiono il castello, il fiume, il ponte, le chiese, le abitazioni caratteristiche tipiche della città di Berat. Sono stati realizzati una da Joan Çetiri (1812 -1814) e l’altra da Adam Kristo (1873).

[1] Ylli Drishti, Leon Cika – Ikonat e Beratit, Tirane 2004   [2]Santi sull Adriatiko – Roma 2009  [3] Aleksander Meksi – Berati Historia dhe arkitektura 1988  [4] Trandafilios Sulios – 2000 vjet art dhe culture kishtare ne Shqiperi 2003  [5] Jorgos Jakumis – “Çetirët në Myzeqe dhe arti i tyre laik asbizantin” 2012 [6] Jorgos Jakumis – “Çetirët në Myzeqe dhe arti i tyre laik pasbizantin” 2012 [7] Kastriot Dervishi



Come raggiungere il museo


 

www.muzeumet-berat.al    fb: Qendra Kombëtare e Muzeve, Berat

Altre informazioni

Per il periodo dal 1 ° maggio al 15 ottobre
Tutti i giorni: dalle 9:00 alle 18:00

Per il periodo dal 16 ottobre al 30 aprile
Tutti i giorni: dalle 9:00 alle 16:00
Domenica: dalle 09:00 alle 14:00
Lunedì Pausa

Tel:  00355 32 232224       00355 32 232248

 

Condividi articolo
Facebook
LinkedIn
Email
WhatsApp
Articoli correlati

Ultimo numero di thema

BACHECA THEMA

Newsletter Themaprogetto.it

Rimani aggiornato su tutte le attività del portale e della rivista THEMA

error: Avviso:Questo contenuto è protetto