Lo scorso 24 novembre è scomparso a Milano Monsignor Giancarlo Santi, direttore dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della C.E.I. dal 1995 al 2005 e presidente dell’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani dal 2001 al 2005 e dal 2010 al 2015.
Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, di collaborare per molti anni con lui in diverse iniziative culturali promosse dal suo ufficio e, non ultimo, di godere della sua preziosa e fedele amicizia.
Vorremmo provare a ricordare alcuni aspetti della sua persona e della sua pluridecennale attività nel settore dei beni culturali della Chiesa.
Laureato in architettura, Giancarlo Santi era uomo di grande cultura e vasti interessi e per tutta la vita ha ritenuto necessario e doveroso continuare a studiare, approfondire e tenersi aggiornato sulla materia oggetto principale del suo lavoro, ovvero l’architettura e l’arte per la liturgia. Lo dimostra anche la sua ultima monumentale pubblicazione “Nuove chiese dopo il Concilio Vaticano II nei cinque continenti” edita lo scorso maggio. E non solo lo ha fatto con coinvolgente e contagiosa passione, ma ha sempre condiviso e messo generosamente a disposizione di chiunque glielo chiedesse l’enorme bagaglio di informazioni, costantemente aggiornato, riguardante progetti, concorsi, realizzazioni, convegni, pubblicazioni, mostre in Italia e all’estero.
Negli anni in cui ha guidato l’Ufficio della C.E.I. a Roma, Giancarlo Santi ha avviato uno straordinario progetto culturale col fine di rilanciare un tema, quello dell’arte e dell’architettura per la liturgia, che, dopo gli entusiasmi postconciliari, languiva da tempo in un limbo di mediocrità e disinteresse. Da questa idea sono nati i corsi nazionali di formazione per architetti a Torino e Firenze (ai quali abbiamo avuto la fortuna di partecipare) durante i quali era sempre presente; i convegni internazionali nell’ambito della Biennale di Venezia per conoscere le esperienze di altre nazioni; quelli liturgici di Bose e quelli inseriti all’interno dell’Esposizione Koinè di Vicenza. E ancora decine di pubblicazioni, i concorsi di progettazione pilota per la realizzazione di nuove chiese in Italia che hanno visto la partecipazione dei più importanti architetti italiani e i cui esiti sono stati regolarmente pubblicati dalla prestigiosa rivista Casabella. Infine le mostre, la collaborazione con le università (con il moltiplicarsi di master di specializzazione) ed i censimenti digitali dei beni mobili ed immobili della Chiesa. Tutte attività che hanno coinvolto, e non solo in Italia, migliaia di ricercatori, studenti, architetti, artisti, sacerdoti e religiosi riaccendendo l’interesse (e la passione) sia per l’architettura e l’arte per la liturgia, sia sulla necessità che esse non solo si adeguino allo spirito del Concilio ma che parlino senza esitazioni il linguaggio della contemporaneità.
Giancarlo Santi è stato anche instancabile fautore di una modalità di progettazione seria, rigorosa, paziente, saldamente basata sulla conoscenza della materia, sulla reale e leale collaborazione fra competenze diverse (architetto, storico, liturgista, artista, esperti di acustica, illuminazione, risparmio energetico …), sulla sperimentazione (sinceramente aperta anche alle novità, siano esse liturgiche, architettoniche, tecnologiche, artistiche), sulla condivisione con le comunità ed i territori coinvolti. Non risparmiava critiche aperte, talvolta severe, a chi, magari dopo aver pubblicamente applaudito allo spirito e al contenuto delle sue iniziative, rifiutava pregiudizialmente qualsiasi novità e continuava ad operare all’insegna della mediocrità, facendolo magari con occhi ciechi nei confronti della contemporaneità e nostalgicamente rivolti al passato.
Infine ci sia permesso ricordare la fede profonda che ispirava l’operare di don Giancarlo (ben testimoniata, ad esempio, dalle brevi ma sempre pregnanti e mai accomodanti omelie delle belle celebrazioni che presiedeva) e la sua umanità serena, elegante, gentile, generosa, non priva di arguzia e garbato sarcasmo, a suo modo affettuosa. E’ stato un ascoltatore curioso e (quasi sempre) paziente. Saldo nelle sue convinzioni ma sempre aperto al confronto, ha praticato con spirito pacifico i tempi lunghi della mediazione e della comunione, costruendo ponti fra visioni diverse, coinvolgendo non credenti e non praticanti.
Con la sua scomparsa si crea un vuoto difficilmente colmabile. Ora sta a noi dimostrargli la nostra gratitudine non disperdendone il prezioso lascito culturale ed umano.
Antonio Marchesi – Trento
Massimiliano Valdinoci – Verona
don Tiziano Ghirelli – Reggio Emilia
Michele Anderle – Trento
Giorgio Della Longa – Udine-Roma
La redazione pubblica il testo integrale di quanto ricevuto dagli autori