Segnalazione a cura di Michela Beatrice Ferri
Scrive il curatore, Giovanni Carlo Federico Villa:
«“Palma divise con Giorgione e Tiziano l’onore di modernizzare e rigenerare l’arte veneziana”: sono le parole di Giovanni Battista Cavalcaselle, nel 1871, a definire quanto la qualità pittorica, l’estrema abilità tecnica e la sagacia della tavolozza di Iacomo Negreti, detto Palma, ne faranno fin dal secondo decennio del Cinquecento il pittore forse più apprezzato dalla committenza privata veneziana, in un gusto collezionistico che si allargherà poi all’intera classe dirigente nobiliare europea.
Nato intorno al 1480 a Serina – lo stesso anno di Lorenzo Lotto e di Cariani – ma presto giunto a Venezia, dall’ampia campagna documentaria svolta in occasione della mostra emerge chiaramente il ruolo fondamentale di Palma nella capitale lagunare, capace di raccordare l’arte dei maestri Giovanni Bellini e Cima da Conegliano con le meditazioni sulla lezione di Giorgione e il continuo confronto e dialogo con la pittura di Tiziano.
Nel secondo decennio del Cinquecento, centrale a Venezia per la costruzione di un nuova estetica, tanto nella pittura quanto nella letteratura, il ruolo di Palma è essenziale nel corrispondere ai nuovi gusti. Egli inventa e costruisce un canone di bellezza femminile, tanto nei suoi “ritratti” ideali e poetici, quanto nelle sue sante, che offre a una committenza privata attenta al piacere della contemplazione artistica più che alla devozione. Il naturalismo che sviluppa a partire dal paesaggio e dai volti di sante e santi corrisponde pienamente alla nuova stagione e anche a quel desiderio di fuga dalla storia, di ritorno ad una natura vissuta come luogo di serenità e intimità, che si chiede alla poesia. In questo senso possono essere lette anche le diverse “ninfe” che variamente Palma ambienta in una natura ben diversa da quella della tradizione veneziana: ora è il mondo arcadico che trionfa con Sannazaro.
Una poetica e un’altissima arte che per la prima volta si riesce a celebrare nell’eccezionalità di una mostra monografica, capace di raccogliere a Bergamo quasi quaranta capolavori dell’artista orobico. Saranno riuniti per 100 giorni alcuni tra i più importanti polittici e pale d’altare a lui commissionati, in molti casi mai spostatisi dalle sedi originarie: dall’Assunzione della Vergine delle Gallerie dell’Accademia di Venezia al Polittico della Presentazione della Vergine di Serina, dalla Madonna in trono tra i santi Giorgio e Lucia per la chiesa di Santo Stefano a Vicenza allo stupefacente Polittico per la Scuola dei Bombardieri nella chiesa di Santa Maria Formosa a Venezia. E, accanto a essi, si potrà comprendere l’altissima qualità pittorica, l’estrema abilità tecnica e la sagacia della tavolozza di Palma nelle Sacre Conversazioni dai musei di Belgrado, Mosca, Madrid,Genova e percepire l’epifania della pittura in sublimi ritratti, cogliendo in essi l’essenza stessa della pittura. Dalla veste di lino candida, mossa, elegantissima e soffice, lo sguardo immerso nel cielo distante, la destra a sostenere una testa dalla capigliatura fluente, lussuosa, di un biondo indefinibile della Suonatrice di liuto di Alnwick Castle alla sontuosità delle vesti della Donna in blu di Vienna o all’apoteosi dei tessuti della Bella della Thyssen, cogliendo poi l’intima essenza dell’uomo nei ritratti maschili di San Pietroburgo e Londra.
SI tratta di capolavori raccolti in una mostra ove gli amplissimi apparati didattici e il suggestivo allestimento concorreranno a restituire al visitatore la sorpresa provata da Giorgio Vasari, così commentando nel 1568 la Burrasca infernale, l’enorme telero richiesto all’artista orobico dalla veneziana Scuola Grande di San Marco a segnare una grandezza ormai pienamente riconosciuta dalla Serenissima Repubblica: “Che più? Io per me non mi ricordo haver mai veduto la più horrenda pittura di quella; essendo talmente condotta, & con tanta osservanza nel disegno, nell’invenzione e nel colorito; che pare, che tremi la tavola, come tutto quello che vi e dipinto fusse vero. Per la quale opera merita Iacopo Palma grandissima lode e di essere annoverato tra quegli, che posseggono l’arte”».