Messa degli Artisti

Un invito al cammino della creazione

“Noi abbiamo bisogno di voi. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, intelligibili, voi siete maestri”.  Note sono le parole pronunciate da Paolo VI nell’indimenticabile Messa degli Artisti celebrata il 7 maggio 1964 nella Cappella Sistina. Indimenticabile perché resta come pietra miliare nel cammino del dialogo tra Chiesa e mondo delle Arti. Un cammino che non è mai stato interrotto, ma che ha attraversato un’epoca di incomprensioni, di distanze, di diffidenze. Tuttavia Paolo VI e poi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno più volte richiamato la vicinanza tra Chiesa e Arti, nell’arduo compito di rendere presente l’invisibile alla sensibilità delle persone. Nel rendere tangibile l’intangibile.

L’esperienza del sublime è per sua natura ineffabile: la poesia parla non attraverso le parole, ma attraverso quel che sta tra le parole e il cuore di chi legge.

E quando si parla di arte, il termine che meglio la rappresenta è “creatività”, ovvero capacità di generare qualcosa di nuovo. Ecco che la prima grande espressione di creatività che la cultura ricordi è quella raccontata nel libro della Genesi: la Creazione.

Oggi, nell’era del Big Bang, i toni poetici che si ravvisano nella Bibbia tendono a essere stemperati dalla visione scientifica dei fenomeni. Tuttavia questa non sostituirà mai la poesia, come anche, con buona pace dei sostenitori di tale fantasia, non sostituirà la fede, perché scienza, fede e arte in quanto compresenti nell’animo umano sono tra loro contigue, ma si muovono lungo prospettive diverse, seppure non necessariamente divergenti.

Certo l’era della tecnica ha influssi in ogni campo: chi mai avrebbe pensato già solo un secolo e mezzo or sono che la fotografia e la cinematografia potessero entrare nel numero delle arti?

Ma oltre a, e prima dei, nuovi strumenti espressivi, la tecnologia ha regalato all’umanità un bene prezioso: il tempo. Una quantità di tempo libero, dall’impegno del lavoro volto al soddisfacimento delle necessità primarie, di cui nelle epoche passate potevano godere solo pochi appartenenti a classi privilegiate, e di cui oggi invece possono godere in molti.

Il problema è che tempo libero ha favorito la “civiltà del consumo” e questa si è ritorta anche sulle arti, facendo dell’oggetto d’arte un feticcio portatore di prezzo, un oggetto venale. Questo vale così come per ogni prodotto artistico, anche per l’architettura. Il fenomeno degli “archistar” ne è l’evidente espressione. L’artista o il progettista diventano un “trade mark”, una marca commerciale, e questo getta un alone oscuro sulla loro funzione precipua, che sarebbe quella di sollevare l’animo umano all’empireo delle idee, portandolo fuori dalla cura o dall’oppressione dei fatti correnti.

La crisi economica attuale, poiché pone un grosso interrogativo sulla validità della società dei consumi, potrebbe avere un effetto non negativo nel campo dell’arte: renderla alla sua funzione di maieutica del pensiero. Se così fosse, le arti potrebbero riscoprire fino in fondo quel ruolo ministeriale cui faceva riferimento Paolo VI nel suo discorso.

Se questo avvenisse, la Messa degli Artisti del 2014, nel mezzo della crisi economica, sarebbe un’occasione per ridare alle arti e agli artisti il senso della loro responsabilità di fronte alla società e alla storia: il senso della loro missione. Che non è divertimento e non è “mercato”, ma è la capacità di scoprire, sempre di nuovo, la nobiltà dell’essere umano. Come ha scritto Friederich Schiller: “Solo tu, o uomo, hai l’arte! E solo passando attraverso la bellezza hai trovato la terra del sapere”.

(Die Künstler).

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