IL MUSEO DIOCESANO DI PADOVA

Il Museo Diocesano di Padova nasce nel 2000 grazie ai contributi stanziati dallo Stato in vista del Giubileo, che hanno reso possibile il recupero di alcuni ambienti del Palazzo Vescovile e il loro riutilizzo come sede espositiva: si tratta in particolare del grande Salone dei Vescovi al piano nobile, delle salette attigue sul lato Est e dell’ala meridionale edificata al tempo del vescovo Francesco Pisani (1524-1567), già sede degli appartamenti vescovili. Il percorso museale inoltre comprende la sala San Gregorio Barbarigo al piano sottostante e il piano terra del palazzo, ex cantina voltata su pilastri e oggi destinata alle esposizioni temporanee.

Le origini del palazzo, come attesta un’iscrizione ancor oggi conservata, risalgono all’anno 1309 quando il vescovo Pagano della Torre fece costruire un nuovo complesso, più a nord rispetto alla sede preesistente, dotandolo già di un’ampia aula di rappresentanza. Nel corso del XIV secolo alcuni interventi modificarono ed ampliarono il palazzo, ma è solo nel XV secolo che esso assunse la fisionomia che ancora oggi lo connota: un edificio cubico, al cui piano nobile è situato un ampio salone, forse in origine chiuso da una copertura a carena di nave, simile a quella del Palazzo della Ragione. Responsabile del completamento del salone e della sua straordinaria decorazione, restituita all’ammirazione del visitatore grazie all’ultimo restauro tra il 2005 e il 2006, fu il vescovo Pietro Barozzi (1487-1507), uomo colto e dai molteplici interessi umanistici e scientifici, oltre che attento pastore della sua diocesi.

La Sala San Gregorio Barbarigo, secondo la denominazione odierna, è frutto di una sistemazione di fine Ottocento, che ha raccolto sulle pareti stemmi, busti e iscrizioni provenienti dai diversi ambienti del palazzo, tuttavia sono ancora ben visibili le tracce della decorazione quattrocentesca affidata da Pietro Barozzi a Jacopo da Montagnana e ai suoi collaboratori. Si tratta del soffitto a cassettoni, dipinto a rosoni e arricchito da una serie di medaglioni con ritratti di imperatori romani, che corrono lungo le pareti perimetrali e sulle travi, e dell’affresco sulla parete di fondo, raffigurante la Resurrezione di Cristo, probabilmente parte di una decorazione più ampia ora perduta. In questa sala sono periodicamente esposti alcuni manoscritti e incunaboli della Biblioteca Capitolare, in particolare una serie di antifonari del XIV secolo, le cui miniature rivelano l’influenza della pittura di Giotto, e i libri appartenuti ai vescovi Jacopo Zeno e Pietro Barozzi, decorati dai protagonisti della miniatura padovana rinascimentale, tra cui Giovanni Vendramin e Antonio Maria da Villafora.

Al piano superiore si apre il vasto spazio del salone, dal cui angolo nord-orientale si accede alla Cappella di Santa Maria degli Angeli, fatta costruire da Pietro Barozzi quale cappella privata destinata alla preghiera personale, ed interamente affrescata da Jacopo da Montagnana nell’anno 1495. Il programma della decorazione voluto dal vescovo è incentrato sul Credo degli Apostoli, la professione di fede che secondo un’antica tradizione i Dodici avrebbero pronunciato ciascuno recitando un versetto, e che divenne poi patrimonio della Chiesa. Fulcro del piccolo ma suggestivo spazio della cappella è il trittico dipinto da Jacopo da Montagnana, collocato nell’abside e raffigurante l’Annunciazione, affiancata dagli arcangeli Michele e Raffaele.

Il Salone dei Vescovi e la sua decorazione rimangono senza dubbio l’impresa più significativa a noi rimasta voluta da Pietro Barozzi. L’idea, affidata al pittore Bartolomeo Montagna e ai suoi collaboratori dopo la morte di Jacopo da Montagnana, era quella di raffigurare i ritratti di tutti i vescovi di Padova, da San Prosdocimo primo evangelizzatore della città allo stesso Barozzi, mentre si affacciano da un finto loggiato dipinto come un’architettura all’antica, secondo il gusto del tempo. Ciascun vescovo è un vero e proprio ritratto immaginario, con caratteri fisionomici, espressioni, gesti che lo distinguono da tutti gli altri. Il programma iconografico in qualche modo si salda a quello della cappella privata: se in quest’ultima l’attenzione cade sugli Apostoli, quali testimoni del Vangelo insieme a Evangelisti e Padri della Chiesa, nel salone si sposta sui vescovi, ai quali è affidata la trasmissione della fede fin dalla prima evangelizzazione di Padova, e che sembrano consegnarla ciascuno al proprio successore in un serrato dialogo dall’alto della loggia da cui si affacciano.

I successori di Barozzi vollero continuare la serie dei ritratti coprendo in parte le finte architetture dipinte agli inizi del Cinquecento, ma il recente restauro le ha riportate parzialmente alla luce, restituendo alla vista il raffinato fregio a grottesche che corre al di sopra della loggia. All’interno di questo straordinario contesto architettonico le sale espositive raccolgono opere di pittura, scultura, oreficeria, arte tessile provenienti dal Tesoro della Cattedrale e dalle parrocchie della Diocesi, a testimoniare il felice connubio tra espressione artistica, saperi artigiani ed esperienza di fede nel corso dei secoli.

Le salette del lato Est, un tempo loggia aperta sui giardini sottostanti, ospitano opere dal XII al XV secolo. Il nucleo più consistente proviene dalla Sacrestia dei Canonici della Cattedrale, e comprende tra le preziose suppellettili una croce processionale datata 1228, la croce-reliquiario donata alla Cattedrale dal vescovo Ildebrandino Conti nel 1339, e il grande reliquiario della croce realizzato tra il 1443 e il 1453 da Bartolomeo da Bologna e dalla sua bottega, capolavoro di oreficeria a cavallo tra il mondo tardogotico e quello rinascimentale. In questa sezione sono degne di nota anche la Madonna con Gesù Bambino in trono di Paolo Veneziano, una serie di tavolette dipinte da Nicoletto Semitecolo con le Storie di San Sebastiano nel 1367 e il Compianto su Cristo morto di Jacopo da Montagnana.

Le rimanenti sale del piano nobile sono dedicate all’esposizione delle opere realizzate tra il XVI e il XIX secolo, molte delle quali provenienti dalle chiese del territorio diocesano. Tra le opere del Cinquecento spiccano due tele di Francesco e Girolamo Bassano, dalla Sacrestia dei Canonici della Cattedrale, che raffigurano l’Adorazione dei Magi e la Fuga in Egitto secondo la poetica del “notturno” caratteristica della loro maniera. Esempio eloquente di pittura padovana seicentesca è la grande tela di Giulio Cirello raffigurante una scena del Martirio di Sant’Agnese, parte di un ciclo un tempo nell’omonima chiesa di Padova. Nella sezione relativa al Settecento è esposta una tela di Giambattista Tiepolo raffigurante l’Estasi di San Francesco di Paola, proveniente dall’oratorio di San Nicolò a Piove di Sacco; tra le oreficerie sono da segnalare la statua processionale raffigurante Santa Tecla, proveniente dal duomo di Este, e un ostensorio dalla chiesa parrocchiale di Quero, opera del più celebre orafo della Padova settecentesca, Angelo Scarabello.

Infine una sala è dedicata ai paramenti sacri, capolavori dell’arte tessile tra cui spiccano due dalmatiche della fine del Quattrocento, e le vesti liturgiche donate alla Cattedrale dal vescovo Carlo Rezzonico, eletto papa nel 1758 con il nome di Clemente XIII.

 

Carlo Cavalli, conservatore del Museo Diocesano di Padova





Come raggiungere il museo

Facciata del Museo Diocesano, su piazza Duomo

 

Museo Diocesano

Palazzo Vescovile

Padova – Piazza Duomo 12

 

 

      sito www.museodiocesanopadova.it      facebook Museo Diocesano di Padova



 

Orari di apertura

da giovedì a sabato dalle 14.00 alle 18.00

domenica e i giorni festivi dalle 10.00 alle 18.00

 

Informazioni e prenotazioni visite

Museo: tel. 049 8761924

Segreteria: tel. 049 652855

da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00

info@museodiocesanopadova.it

 

 

Condividi articolo
Facebook
LinkedIn
Email
WhatsApp
Articoli correlati

Ultimo numero di thema

BACHECA THEMA

Newsletter Themaprogetto.it

Rimani aggiornato su tutte le attività del portale e della rivista THEMA

error: Avviso:Questo contenuto è protetto