Lo scorso 19 giugno si è tenuta presso il Complesso Museale della Cattedrale di Lucca una conferenza stampa sui recenti studi diagnostici eseguiti sul Volto Santo di Lucca. Dalle ultime indagini è emersa una nuova verità storica, che retrodata il reperto, fino ad oggi ascritto al XII secolo, come risalente all’VIII-IX secolo d. C.
Se nulla cambia dal punto di vista devozionale, per ciò che concerne la storia dell’arte e della città siamo di fronte, invece, ad uno scenario inedito e di grande stimolo per futuri approfondimenti. L’opera, che possiede un’intaccabile aura di sacralità, precede di un paio di secoli la costruzione della stessa Cattedrale e poco si sa del suo arrivo nell’urbe e della sua reale provenienza geografica. Il crocifisso ligneo, ritenuto la vera immagine di Cristo, sarebbe giunto a Lucca in circostanze misteriose, divenendo presto oggetto di grande venerazione. Sebbene le precedenti analisi storico-artistiche, basate su un confronto con la scultura padana di Benedetto Antelami, riferissero l’opera al 1100, i ricordi documentari a riguardo sono ben più antichi. Nel 1050, infatti, l’abate inglese di Bury St. Edmunds commissiona una copia del crocifisso di Lucca per la sua abbazia, mentre nel 1087 Gugliemo II giura per il volto Santo di Lucca in occasione del suo reale insediamento nell’Inghilterra appena conquistata dai Normanni. Lo stesso Dante Alighieri, parlando del magistrato lucchese Martin Bottaio (XXI canto della Divina Commedia), cita tra i suoi versi il Santo Volto, testimoniandone ancora una volta la viva e diffusa devozione. Ancor più determinate è inoltre la Leggenda di Leobino, che tramanda l’arrivo del crocifisso a Lucca proprio nell’VIII sec. Per il Leobino sarebbe quella l’originale effige di Cristo scolpita da Nicodemo nel I sec. d.C., andata poi perduta e sostituita da una copia nel XII sec.
A dipanare la matassa è venuta in aiuto la scienza, che ha restituito veridicità alle parole di Leobino e smentito le più moderne considerazioni. Come riferisce Anna Matia Giusti, consulente scientifica delle Celebrazioni e già direttrice dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, ci troviamo di fronte a una tra le più antiche sculture lignee dell’occidente, giunta sorprendentemente integra fino ai giorni nostri.
L’indagine diagnostica è stata condotta da uno staff tecnico di altissimo profilo coordinato da Salvatore Siano, che ha messo in rete prestigiosi centri di ricerca quali l’Istituto di Fisica Applicata (IFAC) del CNR di Firenze e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Fondamentale è stata l’analisi al carbonio-14, che ha determinato con precisione l’origine storica del reperto. Per poter datare con maggiore precisione la scultura sono stati prelevati quattro diversi campioni: dal tronco principale, dalle due braccia e dalla tela di incamottaura. I campioni, opportunatamente puliti, trattati e analizzati, sono risultati tra loro compatibili, facendo scartare l’ipotesi di aggiunte succedanee o ricostruzioni. L’esame al radiocarbonio sulla tela, che ospitava la pellicola pittorica, ha riconfermato con precisione la datazione. Il legno, infatti, può essere sottoposto a stagionatura, alterando in maniera indefinita il risultato delle indagini. Sono state, inoltre, rilevate le condizioni micro-climatiche della Cattedrale e della Cappella del Volto Santo, al fine di preservare e monitorare al meglio lo stato di salute del manufatto.
Le ricercatrici della rete dell’INFN Lucia Liccioli e Serena Barone hanno eseguito le misurazioni scientifiche grazie all’acceleratore di particelle messo a disposizione dal Laboratorio LABEC di Firenze guidato da Mariaelena Fedi (INFN), un risultato di squadra poderoso a supporto del patrimonio monumentale. Alla ricerca scientifica seguirà la ricerca storica, la storia di una fede che vive nel tempo e di un oggetto di culto che racconta il nostro passato e la nostra cultura.
Luisa Montaperto
Photos per gentile concessione dell’ UFFICIO STAMPA Ambra Nepi, Ambra Nepi Comunicazione