Dal Mercoledì delle Ceneri – 10 febbraio – fino al giorno di Pasqua – 27 marzo – nel Duomo San Giacomo di Innsbruck – Austria – è inaugurata l’opera “Oltre il Sacro” dell’artista Annamaria Gelmi, nell’ambito della XXV edizione della rassegna “Kunstratum Kirche”. Una rassegna che si tiene ogni anno durante la Quaresima e che intende promuovere il dialogo tra tradizione e modernità in riferimento allo spazio sacro, tramite l’installazione di opere d’arte contemporanea. Fa da sfondo il Duomo di Innsbruck.
Con l’installazione “Oltre il Sacro”, Annamaria Gelmi “riflette tutta la complessità del simbolo della croce”. Siamo di fronte ad una forma che viene da lontano, alla quale l’artista si è sempre riferita col termine “Perimetri”: i “Perimetri” richiamano le prime forme architettoniche, come la pianta delle prime costruzioni, ed il “Perimetro” è quello che solitamente si vede visitando i siti archeologi. In questa forma si racchiudono molti significati, non solo religiosi. Nel caso specifico dell’opera di Annamaria Gelmi, la Croce è il richiamo a quel simbolo e a quella forma architettonica che esisteva – come sappiamo – anche prima del cristianesimo.
Annamaria Gelmi non è estranea all’utilizzo del simbolo della Croce. Nel caso di “Oltre il Sacro”, il simbolo della croce trova nella sua visione di segno primordiale di ordine cosmico non un punto di arrivo, bensì un punto di partenza. L’utilizzo della Croce nella poetica di Annamaria Gelmi segue lo stesso percorso dell’evoluzione che si registra nell’iconografia della Croce nel corso dei secoli, nella storia dell’uomo. Così, anche nell’ambito della produzione di Annamaria Gelmi la Croce viene solo in un secondo momento associata alla simbologia cristiana. “Si passa dal significato di cosmico e di divino – che non è necessariamente religioso – a quello di vita e di morte associato, come vuole la fede cristiana, alla speranza e alla resurrezione”. È solo in questa nuova visione che “Oltre il Sacro” può essere letta.
La grande croce collocata nel Duomo di San Giacomo a Innsbruck alla base dell’altare e centrale rispetto al transetto, come uno specchio d’acqua, raddoppia la grandezza della cupola grazie a un effetto ottico, ma emana altresì un’intensa pulsione al trascendente. “Sono due le croci. La seconda croce, uguale e parallela alla prima, con il suo solo perimetro luminoso di colore rosso, aggiunge ai puri riferimenti architettonici, quegli elementi emozionali che intrecciano un rapporto più personale con chi guarda, quasi ad esprimere la tensione verso il mistero che è in ognuno di noi”.
Intervista all’artista Annamaria Gelmi
- Annamaria, può spiegarci come è avvenuta la sua formazione come artista?
Fin da sempre ho disegnato e manipolato, per gioco, i vari materiali che trovavo. Ho frequentato l’istituto d’Arte e l’Accademia, ho sempre saputo che avrei fatto questo nella vita. Nei primi anni ‘70 il caso mi ha portata a conoscere il plexiglas un materiale che mi ha affascinata e che ho usato per piu’ di 10 anni con sculture, installazioni. Sono poi passata ad usare tanti altri materiali, dalla carta giapponese al ferro, acciaio, vetro e ceramica. Avendo da sempre un forte legame con lo spazio e l’architettura, i miei lavori sono pensati e realizzati allo scopo di creare un dialogo con il luogo in cui si collocano, e’ come un archivio di vita vissuta, come una fotografia o una mappa di stati d’animo, di chiusure e aperture,date dalla visione dell’oggetto e del insieme.
- Quale ruolo ha il tema del “sacro” nella sua poetica,nella sua produzione artistica?
Forse arriva dall’ inconscio perchè, non ho mai pensato o voluto seguire il tema sacro. I miei riferimenti sono sempre stati rivolti alla memoria delle antiche architetture, e a tutta la simbologia che troviamo nei resti archeologici: anche la forma della croce (che io chiamo “Perimetri”) si somma, alla via (e alla vita) e diventa crocevia. Che è il luogo in cui s’incrociano direzioni diverse; è luogo di riflessione e di dubbio, ma anche necessariamente di orientamento. E’ un recinto, un limite con un dentro-fuori che può chiudere uno spazio o si può osservarlo dall’esterno.
- Le chiedo, Annamaria, se può tracciare una parabola della presenza della “croce” nel suo percorso artistico.
Come ho detto negli anni ‘80-’90 il mio interesse per gli antichi siti archeologici mi hanno portata verso le forme simboliche come il labirinto , il perimetro, la soglia, la porta temi come: il giardino dell’altrove , tota pulcra. La ricerca di un”altrove”aperto verso una storia futura conscia del cammino che ci resta da percorrere. La croce fa parte della nostra memoria e dove c’è croce c’è pensiero e anche sofferenza, e nello spazio del pensiero, la cifra fondamentale della modernità.
- Quale è il significato della “croce”, per lei?
La croce/crocevia è il segno più vistoso dell’uomo anche nella sua dimensione collettiva, cioè sociale. Infatti è il modo più semplice e lineare per trovare un centro e fissarlo. Intorno al centro si costruisce la comunità, la città. Ma prima ancora il villaggio. E’ un simbolo dai molti significati, non solo sacri.
- Ci può parlare del suo lavoro per l’opera “Oltre il sacro”, presente nel duomo di Innsbruck fino al giorno di Pasqua – Domenica 27 Marzo 2016?
Difficile, ma anche entusiasmante potermi inserire e quindi misurarmi con la grandiosita’ del Duomo San Giacomo di Innsbruck. Per prima cosa ho guardato, studiato, misurato e cercato di capire lo spazio e il suo piu’ profondo significato, poi ho lavorato col preciso scopo di creare un dialogo con tutto l’ambiente, un percorso reale (croce calpestabile) e virtuale in modo da ottenere una diversa percezione dello spazio a seconda dei punti di vista dell’osservatore. Un momento di grande spiritualita’ e’ stato :la funzione sacra delle Ceneri con il passaggio degli officianti sopra la croce specchiante
- Quali sono state le sue opere per spazi sacri, chiese, cattedrali?
Nella chiesa romanica di Andora, in Liguria nel 2001, ho avuto l’occasione di realizzare “Mistero Sacro” presentato da Vittoria Coen. Qui tutto era giocato sulle vibrazioni della luce, sui materiali vari che vanno dalla carta giapponese al ferro, dalla tela all’ottone. In mezzo agli elementi l’uomo e’ solo evocato, un uomo che cerca se stesso .
- Lei ha scritto, assieme alla fotografa Luisella Savorelli Gorza, Dolomiti – New York, idea nata a che sviluppa il tema della contrapposizione, ma nello stesso tempo del possibile accostamento, tra due entità apparentemente opposte quali lo skylinec dei grattacieli newyorkesi e quello delle Dolomiti, tra il prodotto antropico culturale e la realtà naturale. Ci può parlare di questo progetto?
Questo progetto è nato a New York con l’amica Luisella nel 2009 poi realizzato nel 2010. Discutendo sulle diversita’ e sulle similitudini tra le dolomiti e i grattacieli e’ nata l’idea di questo libro-opera. Da tempo ho rappresentato le dolomiti come un profilo bianco che si stacca dal cielo colorato (“Ski-Line” libro fatto a mano testo L.Serravalli 1995 Biennale di Venezia) facendo delle montagne, quasi dei fantasmi e lasciando al cielo l’apertura sull’infinito, sull’oltre. La lettura di questa opera e’ fatta di tre momenti visivi: la montagna bianca (che non c’e’) la montagna reale e New York in trasparenza stampato in bianco e nero su acetato. Girando le pagine si ha una visione molto diversa quando i grattacieli si sovrappongono alla montagna bianca rispetto alla montagna reale, non esiste una contrapposizione ma una integrazione. Siamo di fronte alla natura silente , incantata delle montagne senza la presenza dell’uomo, pure nelle fotografie di New York che e’ tipicamente una costruzione dell’uomo. Alternate alle immagini ci sono della brevi poesie di illustri poeti che hanno scritto delle dolomiti o di New York.
© RIPRODUZIONE RISERVATA