Progetto LOCUS ISTE – concerto in San Donato Vescovo e Martire a Roccamorice – Pescara

Locus Iste
Restituire la polifonia sacra al luogo per la quale è stata scritta, è l’obbiettivo di “Locus Iste”. Serie di concerti, con le musiche tra l’altro di autori come G.P. da Palestrina e C. Monteverdi, per le chiese più belle del territorio abruzzese. Esistono, infatti, canoni estetici di architettura e arredi propri del luogo sacro che si legano armoniosamente con quanto scritto da mani quanto più ispirate perché tanto più sapienti. Esperienza che soddisfi quell’anelito verso il trascendente che è proprio di ogni essere umano a prescindere dalla propria fede.

M° Gianni Golini
Direttore Coro Polyphonia.
Prosegue il progetto “Locus Iste” nelle Chiese d’Abruzzo.

Sabato 16 marzo, alle ore 18,45 si terrà il concerto Locus Iste nella chiesa di San Donato vescovo e Martire a  Roccamorice

La chiesa di San Donato Vescovo e Martire si trova nel centro storico di Roccamorice, un piccolo borgo medioevale ai piedi del Parco Nazionale della Maiella in Abruzzo. Essa è inserita in un contesto paesaggistico e naturalistico unico e ricco dal punto di vista antropologico e storico. Roccamorice sorge su uno sperone roccioso a più di 500 metri sul livello del mare, e la sua importanza è legata anche alla presenza nel suo territorio dei due eremi di Santo Spirito a Maiella e di San Bartolomeo in Legio, entrambi legati alle vicende dell’eremita Pietro da Morrone, futuro papa Celestino V, che scelse la Maiella come riparo eremitico e poi casa madre del suo Ordine monastico. Le origini del nucleo più antico del paese si fanno risalire intorno all’anno Mille, anche se la zona si ritiene già da tempo culla delle prime forme eremitiche. Come si apprende da fonti documentarie la chiesa parrocchiale di San Donato era già esistente nel Duecento, ma del primitivo impianto architettonico non resta alcuna traccia. A causa di problemi strutturali la chiesa venne completamente demolita e ricostruita sulle stesse fondamenta nell’anno 1910. La chiesa si presenta all’esterno molto semplice, con la facciata del tipo a capanna, in pietra a vista. La facciata è scandita da quattro ampie monofore nella parte alta e l’unica decorazione, anch’essa molto semplice, è data dal portale in pietra sormontato da una lunetta a tutto sesto; gli elementi decorativi sono costituiti dagli ovuli nella parte inferiore e da decorazioni a fogliame e rosette. La torre campanaria, che svetta tra le case in pietra delle rue medioevali, fu ricostruita nell’Ottocento. All’interno la chiesa si presenta a tre navate scandite da archi a tutto sesto, pilastri e paraste ed è caratterizzata da decorazioni semplici e da un leggero effetto di bicromatismo. L’aspetto attuale deriva dai lavori effettuati nel 2009 a seguito di un riadeguamento liturgico che ricalca le indicazioni del Concilio Vaticano II. La chiesa parrocchiale è anche scrigno di importanti reliquie ed opere d’arte. Sin dall’Ottocento erano collocate nella chiesa alcune opere provenienti dal vicino eremo di Santo Spirito a Maiella, in particolare un Crocifisso in legno e una immagine della Vergine, trasportate nella parrocchiale a seguito della legge di soppressione degli ordini monastici del 1807. Il Crocifisso ligneo, oggi collocato sulla parete dietro l’altare, è un’opera di notevole importanza e di grande interesse artistico, databile alla fine del XIII secolo. L ‘opera presenta un notevole valore storico e devozionale in quanto la tradizione vuole che si tratti del crocifisso davanti al quale Pietro da Morrone pregava, un tempo collocato nella “Stanza del Crocifisso” presso l’eremo di Santo Spirito. Esso presenta anche un valore più propriamente artistico, rientrando a pieno titolo nella lista dei Crocifissi gotici dolorosi che tra la fine del Duecento e i primi decenni del trecento cominciano a popolare le chiese abruzzesi. Tra i diversi esemplari riferibili a questo periodo presenti in Abruzzo quello di Roccamorice è il più antico. Nella navata sinistra della chiesa si può ammirare la cosidetta Madonna di San Luca, conosciuta dalla popolazione come la “Cona di San Luca”, un’opera rimaneggiata nel Seicento ma che nasconde traccia di un’opera più antica, secondo la tradizione anch’essa legata alla presenza di Pietro a Santo Spirito. La Madonna è raffigurata a mezzo busto e senza il Bambino, secondo il tipo iconografico greco della Haghiosoritissa, o meglio conosciuta come Advocata, ovvero protettrice, colei che raccoglie le preghiere dei fedeli. Entrambe le opere nel 2009 sono state oggetto di un importante restauro. Un’altra opera di rilevo è la cosiddetta Madonna del latte o allattante, conosciuta anche con il nome di Madonna delle Grazie. L’opera, databile alla fine del Quattrocento, è importante anche a livello iconografico, poiché presenta la Vergine Galaktotrophousa, a seno scoperto, ovvero colta nell’atto di allattare il Bambino. Nella chiesa parrocchiale dunque si conservano diverse opere e reliquie di notevole interesse, alcune provenienti da Santo Spirito a Maiella. Tra le altre anche una teca in legno con pantofola liturgica, manipolo e reliquario appartenuti a S.Pietro Celestino. Va sottolineato infatti che intorno alla metà del Duecento, Pietro da Morrone diventa sulla Maiella guida spirituale e fondatore di un centro importante di vita religiosa. Egli conferisce inconsapevolmente il primato alla chiesa di Santo Spirito a Maiella, immediata conseguenza di una fiorente attività artistica, che rimase viva a Roccamorice anche nei secoli seguenti. La chiesa di Santo Spirito, ancora consacrata, è da secoli meta di pellegrinaggio dei fedeli che vi accorrevano in special modo nel mese di agosto per il privilegio del Perdono, che risale fin ai tempi di Celestino V. Il complesso di Santo Spirito a Maiella è interessante anche dal punto di vista architettonico in quanto la struttura riflette una evoluzione insediativa. Esso si presenta addossato a una grande parete rocciosa secondo una conformazione che è tipica degli eremi; tuttavia la struttura è molto imponente rispetto agli altri della Maiella, quali ad esempio il vicino San Bartolomeo in Legio o San Giovanni all’Orfento, in quanto nasce come eremo e subisce ampliamenti che rispondono alle esigenze di vita comunitaria e monastica dell’ordine dei Celestini fondato da Pietro stesso. Un ulteriore cambiamento ci fu con la ristrutturazione e l’ampliamento della fine del Cinquecento, e, a seguito dell’abbandono del luogo, tra Ottocento e Novecento iniziarono una serie di restauri che hanno conferito alla struttura l’aspetto attuale. Oggi la struttura si articola su tre livelli tra le balze di roccia. Nella chiesa e nella cripta si conservano ancora tracce dell’impianto originario, come la volta a crociera costolonata sull’altare maggiore in fondo all’aula unica della chiesa e le cellette sottostanti, probabilmente primo nucleo abitativo. Del monastero vero e proprio restano soltanto i ruderi. Nei livelli superiori si trovano ancora oggi la foresteria e il piccolo oratorio della Maddalena. Va segnalata inoltre l’importante presenza nella chiesa di Santo Spirito di una copia della Pentecoste, opera dei primi del seicento, il cui originale si conserva oggi nella Chiesa del Barone, adiacente alla chiesa parrocchiale. La qualità e la mole di queste opere sono testimonianza di una realtà importante, seppur periferica, che hanno nei secoli arricchito questi luoghi.

Jessica Di Carlo*

 

Si ringrazia per la collaborazione il Parroco Don Gianmarco Medoro

le foto sono  per gentile concessione di  Jessica Di Carlo , Roberto Furlone , Majambiente

 

 

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