Il Progetto “Sacellum – il Sacello di San Giacomo” della Parrocchia dei Santi Nicolò e Giacomo ha inizio nel 2020 in periodo di piena pandemia, quando la città trovandosi in zona rossa decide di affidarsi totalmente al Protettore San Giacomo Maggiore. In memoria di questi due anni di emergenza erige un “Sacrario” in cui custodire le Sacre Reliquie dell’Apostolo con le offerte della popolazione e per devozione della famiglia Marino (AUF – Ad usum Fabbricae).
All’Architetto Luciano Marino è affidato il compito della progettazione e della gestione delle manovalanze per dare alla comunità un’opera degna del Santuario di San Giacomo, meta di pellegrini da tutta la Sicilia.
Il progettista si rifà al concetto di “Sacellum – Recinto Sacro” prendendo ispirazione dal “Naos”, che denota letteralmente la casa di Dio nel mondo greco e può essere associato alla struttura essenziale dell’edificio di culto, composto dalla cella.
La realizzazione di un progetto del genere non risulta essere un’impresa semplice; molti sono gli aspetti da prendere in considerazione: la stabilità della struttura, che deve sorreggere il peso del fercolo barocco e le oscillazioni date dai fedeli che salgono durante i festeggiamenti, il rispetto dell’antico coro e del contesto, le giuste proporzioni, tali da conferire all’opera maestosità ma lasciare il giusto spazio per accedere al coro e alla scala dietro.
Ecco perché l’Architetto istituisce un tavolo tecnico dove a farne parte sono i volontari parrocchiali, ingegneri, geometri, cultori dell’arte e amanti della storia e della tradizione, oltre alla guida spirituale del rettore del Santuario.
L’intento è raccogliere quante più informazioni necessarie affinché l’opera possa diventare ponte tra i fasti di un tempo e la gloria di un futuro florido, manifestazione della meraviglia di Dio.
Il progetto è costituito da un “Sacrario” dove custodire definitivamente le reliquie del Protettore e una “Scala” per accede al trono del Santo, cosa che cambia radicalmente il rapporto che nei secoli i fedeli possedevano con il loro Santo.
Non più una realtà irraggiungibile bensi meta e conclusione di un cammino spirituale.
La costruzione del Sacello inizia solo nell’ottobre del 2020 quando, dopo i dovuti accertamenti con gli enti preposti, Curia Diocesana e Soprintendenza, si è dato inizio allo spostamento del prezioso fercolo barocco e allo smontaggio della struttura precaria che da qualche anno sorreggeva il suo peso.
All’ingegnere Francesco Marino, è affidato il compito dello studio dei carichi e della progettazione di una struttura atta a contenere non solo il peso del fercolo ma soprattutto le oscillazioni dovute dalla gente che, il 26 Luglio, giorno dei festeggiamenti, sale sul trono per prelevare il simulacro.
La struttura costituita da 3 enormi “archi”, sistema trilitico in legno con nodi in acciaio, uniti tra loro mediante controventi in legno, scarica direttamente il peso del fercolo al suolo.
La struttura assume volutamente nel cielo del “Sacello” una forma a Croce, volontà del progettista per indicare il fondamento della vita del buon cristiano. Al centro, infatti, è incastonata una Reliquia della Santa Croce in un reliquiario d’argento a forma di stella che indica con la “coda” il posto dove sono custodite le reliquie del Santo Apostolo, rifacendosi alla tradizione “Campus Stellae”, o Santiago di Compostela.
All’esterno il sacrario appare come un tempio, corinzio a sei colonne e una trabeazione il cui andamento a linea spezzata conferisce al manufatto monumentalità. Al suo interno fanno da cornice pregevoli intagli realizzati dallo scultore e maestro del legno Giuseppe Lanzafame di Aci Sant’Antonio.
A destra lo stemma del Vescovo di Patti, Sua Eccellenza Mons. Guglielmo Giombanco mentre a sinistra lo stemma dell’Arciprete Don Antonio Cipriano, Arciprete e committente. Particolare di quest’ultimo è l’inserimento di un “burattino” di legno, firma del progettista, cosa che indica lo stretto legame creatosi tra committente e progettista nella realizzazione della superba opera.
Tutte le sculture realizzate seguono fedelmente i disegni tecnici dell’Architetto, il quale ha volutamente disegnare anche i dettagli, affinché, “l’opera suoni l’armonia e l’equilibrio come la sinfonia di un’orchestra”, sostiene quest’ultimo.
Al centro, il fastoso stemma con i simboli del Santo, croce jacobea, palma (Simbolo del martirio), bordone, pellegrina, cappello, bisaccia, conchiglie e alloro.
Nella parte sommitale, una corona con inciso “AUREE CAPITINAE CIVITATIS PROTECTOR” ovvero PROTETTORE DELL’AUREA CITTA’ DI CAPIZZI. Al centro una stella, in ricordo della Vergine del cielo a cui il Santo ebbe la prima apparizione della storia, la Madonna del Pilar.
Ad unire gli stemmi da destra a sinistra sono dei festoni floreali, costituiti da fiori tipici delle zone dei Nebrodi, le ginestre, che fioriscono nel periodo di giugno e luglio. Intrecciate alle ginestre, spighe di grano, simbolo dell’Eucaristia e melograni, immagine della passione dolorosa e dell’unione della Chiesa. All’estremità la Sprekelia formosissima o Giglio di San Giacomo, per via del suo color rosso vermiglio.
Il Sacrario, è costituito da quattro pilasti e otto lesene di ordine corinzio, copia fedele di quelle dell’abside della chiesa stessa.
Accessibile mediante una porta interamente scolpita in legno di noce, raffigura nei suoi otto quadranti il rapporto tra la comunità Capitina e il suo Santo Protettore, in raffigurazioni che hanno cambiato il volto della storia della città.
E’ un chiaro richiamo alla porta del paradiso del battistero fiorentino, ed è costituita da cornici con ornamenti floreali, conchiglie e stelle, in riferimento ai simboli del Santo, e rappresenta:
1. La consegna del vessillo Aragonese dall’autorità Civile all’Autorità religiosa
2. Il cappello di San Giacomo al morente, antica tradizione Capitina
3. L’arrivo delle Reliquie a Capizzi
4. Il rito dei “miracoli”, l’abbattimento del muro
5. L’allegoria dell’Arcipretura Capitina
6. San Giacomo che benedice i pellegrini verso Santiago e verso Capizzi
7. L’ostensione del Simulacro in Pandemia
8. La costruzione dello stesso sacello in presenza del progettista, del costruttore e dell’arciprete.
Di sicuro è degna di particolare attenzione la raffigurazione del simulacro del Santo sul sagrato del Santuario in periodo di pandemia, evento accaduto e raccontato nel legno.
A scandire il cielo dell’interno, la “Croce”, come già anticipato in precedenza, mentre a custodire le reliquie un piccolo altare che sulla forza dei pieni e dei vuoti fonda la sua ragion d’essere.
Particolare è l’illusione prospettica dietro le reliquie stesse, pensato per i pellegrini del “Viaggio di San Japucu” del 24 luglio. Infatti, è solo in questa occasione che è possibile ammirare interamente per una notte il sacello a porte spalancate. Dal portone principale della chiesa il punto focale è posizionato proprio sull’oggetto da custodire grazie ad uno studio di linee e di inclinazioni dei volumi.
A completare la monumentale opera è la “Scala del Santo”.
I pellegrini che giungono da ogni dove per venerare l’Apostolo hanno adesso la possibilità di accedere sul trono per abbracciare il simulacro e pregare in totale autonomia, così come è tradizione fare a Santiago de Compostela.
La scala, realizzata in modo tradizionale, con tecnica dell’incastro è arricchita da meravigliose balaustre in ferro battuto, realizzate come rose che si inerpicano verso l’alto.
Di sicuro ciò che impressiona è la presenza di due monumentali colonne a portale di questo ingresso.
Quest’ultime non hanno funzione strutturale bensì decorativa e allegorica. Esse infatti accentuano la prospettiva unendosi metaforicamente all’abside; non solo, hanno pure il compito di stare a “guardia dell’accesso”, invitando il fedele a salire verso il luogo in cui è custodito il venerato simulacro; rappresentano metaforicamente Attanasio e Teodosio, discepoli dell’apostolo e sorreggono sul suo capitello due massi ovvero le prime due pietre cadute dal muro dei miracoli nell’anno 2022, in ricordo dei due anni in cui il muro per la prima volta non venne abbattuto.
A prendere i massi, insieme all’Arciprete Don Antonio Cipriano fu sua Eccellenza Mons. Andrea Ripa Segretario della Segnatura apostolica.
Il sacello fu benedetto da Sua Eccellenza Mons. Guglielmo Giombanco, Vescovo di Patti.
Oggi il progetto è fiore all’occhiello della comunità e rientra tra i beni più preziosi della parrocchia, insieme agli antichi tesori che la stessa custodisce. Il tutto, realizzato dal maestro del legno Giuseppe Marino per devozione. Dall’esterno del Santuario è possibile ammirare la monumentale opera, oggetto di visite di turisti e luogo di preghiera di numerosissimi pellegrini che giungono dal “Cammino di San Giacomo” per lucrare l’indulgenza, che dall’anno 2023 la penitenzieria Apostolica ha concesso al Santuario.
Architetto Luciano Marino
SACELLUM – IL SACELLO DI SAN GIACOMO MAGGIORE
luogo: Santuario Diocesano di San Giacomo Ap. Maggiore – Capizzi (MESSINA) Diocesi di Patti
Anno: 2020 – 2023
Committente: Arcipretura dei Santi Nicolò e Giacomo – Arciprete Don Antonio Cipriano
(Rettore del Santuario di San Giacomo) – Capizzi (ME)
Progettista: Arch. Luciano Marino
Ebanista: Giuseppe Marino
Scultore: Giuseppe Lanzafame
Strutturista: Ing. Francesco Marino