Le giornate di primavera del FAI riscattano dall’amnesia di una nazione che dimentica i suoi monumenti.
E’ stata l’occasione per visitare, il 23 e 24 marzo 2019, la singolare aula ottagona della chiesa di Santa Maria del Tricalle, normalmente chiusa al pubblico: un volume misterioso rimasto incastonato in una espansione urbana sui pendii delle colline su cui si erge in centro storico di Chieti.
Il passante non completamente distratto lo aveva potuto notare certamente, sia per la forma non comune sia per la tessitura muraria interamente in mattoni. E poi la cupola.
Malgrado ci si trovi nelle vicinanze di una chiesa aperta al pubblico e realizzata negli anni ’70, qui di sacro c’è il “genius loci” reinterpretato nel XIV secolo dai magistrali costruttori, probabilmente maestri lombardi, della chiesetta del Tricalle: essa deve infatti il nome alla sua posizione, al trovarsi in un incrocio di tre strade, in latino “Tribus Callis”.
La tradizione narra che sia stata edificata nel 1317 sui resti di un tempio pagano dedicato a Diana “Trivia”, riedificata e trasformata nel XV secolo. Divenne successivamente chiesa cimiteriale per gli appestati e per i condannati a morte alla fine del XVIII secolo.
L’edificio conserva della costruzione originale pochi frammenti dei resti di un porticato antistante, che dava accesso all’edificio sacro, probabilmente demolito in un pesante restauro del 1879, anno in cui la chiesetta venne inserita con Regio Decreto nell’elenco dei Beni Monumentali della giovane nazione italiana.
Sul portale a sesto acuto vi è una lunetta decorata con un affresco raffigurante una “Madonna con Bambino”.
Le arcatelle in laterizio che definiscono la cornice di coronamento su cui poggia la cupola confermano il riferimento a una presunta “Scuola Lombarda”.
La cupola è anch’essa totalmente in mattoni ed è sormontata da una torretta cilindrica che alloggia superiormente una croce in ferro.
La superficie interna della volta è intonacata, tranne i costoloni in mattoni a vista che si indirizzano verso l’elemento circolare centrale.
Gli altri elementi che disegnano lo spazio interno sono nicchie, che precedentemente alloggiavano piccoli altari, sormontate da un arco con decorazioni in cotto e da una semicalotta; una di queste è in mattoni a vista dalla disposizione bizzarra, probabilmente dovuta a un ultimo restauro.
Carlo Pozzi