Santiago del Cile, 25 agosto 2017
Proseguono i lavori del V CIARC su “Architettura protestante e modernità”, con una giornata di comunicazioni che sviluppano le parole chiave “Transferencias” (ossia gli scambi tra confessioni cristiane diverse) e “Perspectivas” (dinamiche in corso che interessano l’architettura protestante e, più in generale, quella cristiana).
Il tema delle reciproche influenze culturali tra il mondo cattolico e il frastagliato mondo protestante, già aperto nella giornata di ieri da Fernandez Cobian, è stato ripreso con un approfondimento relativo alla discussione sulla collocazione del fonte battesimale,una discussione sul rapporto tra l’estetica protestante centroeuropea e quella cattolica latina, e un ragionamento su alcuni casi studio di ricostruzioni nel dopoguerra (sul modello della cattedrale di Coventry). La testimonianza di José Fernando Gonçalves, architetto di Porto progettista di diverse architetture religiose (http://www.josefernandogoncalves.com), ha completato la sessione “Transferencias”, aprendo un ragionamento sul possibile utilizzo di spazi di culto per persone con appartenenze e sensibilità cristiane diverse.
Le “Perspectivas” hanno toccato i temi più diversi. Il noto critico Alberto Sato ha discusso le trasformazioni di numerosi cinema, in Sud-America, per essere utilizzati come luoghi di culto di evangelici e neo-pentecostali, con prassi “post-arquitectonicas”: da emblema del paesaggio urbano della modernità, i cinema sono oggetto della costruzione di un nuovo immaginario, o di processi di patrimonializzazione. Altre prospettive hanno riguardato aspetti più teorici, quali il ruolo del teologo protestante Paul Tillich (1886-1965) sia in rapporto al pensiero cattolico sull’architettura, sia in rapporto al progetto (tornando al già citato concorso per la chiesa presbiteriana di Brasilia del 1965). Un’esperienza didattica dell’università di Valparaiso (taller templos comunitarios) ha aperto anche il tema della didattica su temi ecumenici.
La sessione è stata chiusa dalla brillante relazione di Rodrigo Vidal Rojas, coordinatore del congresso, che ha ragionato sul concetto di “despojo”, praticato nella cultura e nell’architettura protestante. A fronte delle sfide poste dalle diverse società in cui attualmente le diverse denominazioni protestanti vivono (sviluppandosi o regredendo, a seconda dei contesti), la proposta di Rodrigo Vidal è di tornare, anche nel mondo protestante, a sottolineare il ruolo dei valori architettonici (progetto “mas arquitectonico y meno protestante”), ma dando comunque più importanza agli atti che si svolgono negli spazi, più che alle forme e agli stili architettonici in sé. Una forma di “sacro”, tema non vicino alla cultura protestante, inteso soprattutto come “comunione”. Nel progetto di architettura, la centralità della persona è un valore irrinunciabile, per la felicità dell’essere umano integrale.
I temi proposti dai relatori, e soprattutto la relazione finale di Vidal, hanno animato il dibattito in entrambe le giornate, e in particolare il dibattito conclusivo, centrato su alcuni temi, quali la possibilità di “partecipazione” da parte delle comunità, il valore sacramentale dell’architettura, il significato della variegata presenza cristiana nelle metropoli secolarizzate.
I lavori “teorici” del V CIARC si sono conclusi con la relazione conclusiva di Michael Crosbie, docente ad Hartford e soprattutto noto al grande pubblico come direttore della rivista “Faith and Form”, che tratta ormai da decenni il tema del sacro nelle diverse fedi.
Crosbie ha impostato la sua relazione discutendo il rapporto tra “sacred architecture” e “architecture of the sacred”, andando alla radice del problema: dobbiamo incontrare le persone dove vivono ordinariamente, o dobbiamo utilizzare l’architettura per creare speciali condizioni di “sacro”? Prendendo le distanze dalle posizioni di chi pensa che l’architettura possa essere sacra in sé (architetti “priests of the religion of architecture”, o architetti sciamani che credono in una “secular transubstantation”), Crosbie ha sottolineato come sia l’azione di “raccogliersi” (gathering) che renda sacra l’architettura. L’architettura può certamente contribuire a rendere migliore il raccogliersi delle comunità, operando in un senso trascendente, cercando di andare oltre una semplice combinazione di elementi architettonici. L’architettura può aiutare a “fare” il sacro, aiutare a esperirlo (tutta l’architettura, non solo quella di chiese), nello stesso modo in cui uno strumento musicale è indispensabile a suonare la musica (che tuttavia resta altro rispetto alla materialità dello strumento). In ogni caso, il “fattore umano” resta centrale, andando in una direzione di sacro “situazionale”, ossia generato dal raccogliersi della comunità che rende sacro “relazionalmente” un luogo. La relazione ha sviluppato in particolare l’opera e il pensiero di Edward Sovik (1918-2014), progettista di numerose chiese di diverse confessioni negli Stati Uniti, attivo soprattutto negli anni in cui si proponevano chiese integrate in un mondo sempre più secolarizzato, superando le distanze tra sacro e profano, con “Christ-like buildings”. La relazione si è conclusa con un esempio di attività didattica con gli studenti universitari di architettura.
L’immagine di copertina è tratta dal sito www.archdaily.com Igreja do Convento de São Domingos / José Fernando Gonçalves & João Paulo Providência