SIMBOLO E PROGETTO NELLE CHIESE CONTEMPORANEE è stato il tema sul quale si è sviluppato il III Seminario internazionale organizzato da Dies Domini- Centro Studi per l’architettura sacra della Fondazione Cardinale Lercaro che si è tenuto il 18 marzo 2016 a Bologna.
Dopo aver trattato la relazione tra città e sacro nel Seminario internazionale del 2014 e il rapporto tra architettura e liturgia in quello del 2015, nel terzo Seminario internazionale si è voluto dare spazio a riflessioni inerenti l’importanza e la riscoperta del simbolo in architettura e, in particolare, nel progetto delle chiese contemporanee.
Dopo che per decenni il funzionalismo ha catalizzato l’attenzione del fare architettura sugli aspetti dimensionali, distributivi e di destinazione d’uso, si sta ora assistendo, sia tra i progettisti, sia tra i committenti a una riscoperta di interesse verso il dato simbolico.
Tuttavia, la ormai scarsa dimestichezza con il tema e la poca consapevolezza delle ragioni che rendono il simbolo necessario veicolo di significato nella rappresentazione architettonica, fanno sì che spesso le realizzazioni evidenzino derive di banalizzazione, allegorismi, eccessi di soggettivismo, in una generica incapacità a far convergere le comunità nella corale comprensione dei significati propri del gesto liturgico o a coinvolgere il singolo verso una più piena vicinanza con Dio.
In tutte le culture religiose lo spazio diviene sacro quando nell’attribuire ordine agli eventi e alle cose del mondo si va a costruire un sistema simbolico che colloca le componenti della vita umana all’interno di una esperienza di senso. Lo spazio sacro è un organizzare la realtà del visibile per consentire la relazione con quella realtà eccedente che supera e trascende il quotidiano.
Il simbolo non rappresenta qualcosa, ma si pone come elemento di relazione, come rimando a una concettualità astratta. I simboli, infatti, esigono che si entri all’interno della loro stessa logica e che si partecipi al loro stesso sviluppo relazionale e non possono essere tradotti come se fossero delle rappresentazioni verbalmente descrivibili. La crisi dell’esperienza simbolica è il sintomo più evidente della secolarizzazione della cultura e ha come effetto la perdita della capacità che faceva un tempo percepire il reale come simbolo.
L’odierna incapacità di concepire il simbolo come relazione ritenendolo, invece, una mera rappresentazione, ha come effetto evidente la banalizzazione dell’espressione architettonica molto spesso palesata, per quanto riguarda le chiese, in forme riconoscibili – la vela, la nave, ecc…- dettagliatamente spiegate nelle relazioni di progetto dagli architetti stessi.
Lo spazio liturgico è, invece, per eccellenza un luogo simbolico che deve evocare l’impossibilità di ridurre alla finitezza lo spazio in cui il rito si svolge, aprendolo, invece, alla relazione con un’Origine e un Compimento che nella celebrazione stessa sono evocati.
Nella giornata di convegno gli interventi dei relatori si sono susseguiti affrontando il tema sotto molteplici e singolari punti di vista, toccando sia l’aspetto architettonico, sia quello artistico, e contribuendo in questo modo a esplorare le diverse possibilità del simbolo nel contemporaneo.
Molti dei relatori che hanno preso la parola durante la giornata sono stati selezionati dal Comitato Scientifico tra quanti hanno presentato domanda di partecipazione rispondendo al Call for paper che il Centro Studi per l’architettura sacra, fin dal giugno scorso, ha fatto giungere ai più importanti centri culturali e università italiane ed europee e questo ha permesso di confrontare esperienze di docenti, dottorandi e ricercatori di diverse nazionalità, provenienze e percorsi di ricerca, per giungere a un quadro composito e vivace che apre, invece che esaurire, a ulteriori e nuovi approfondimenti sul tema.