“… il giardino sul quarto lato è aperto – delimitato solo da una recinzione forata – e questo è un messaggio importante per il mondo: dai, siamo aperti, puoi entrare.” (Nagy Tamás)
La città di Gödöllő è molto cresciuta dagli anni ’60 e la vecchia parrocchia e la cappella della sala Grassalkovich risultavano oramai inadeguate e insufficienti alle crescenti necessità della comunità cattolica romana. È stato così bandito un concorso di progettazione per il nuovo complesso parrocchiale a Gödöllő vinto, nel 2001, da Tamás Nagy in collaborazione con gli architetti Tamás Lévai, Ildikó Bujdosó, Anna Meditz. Il nuovo complesso parrocchiale che comprende la chiesa, la parrocchia e la casa della comunità è stato progettato per essere costruito in tre fasi distinte agevolando così anche la distribuzione delle risorse economiche: infatti mentre la costruzione dell’edificio parrocchiale è stata finanziata dalla parrocchia, gli altri due edifici costruiti successivamente sono stati finanziati dalla diocesi di Vác e dalla congregazione.
Un testo-schema dell’architetto Tamás Nagy, estremamente sintetico ma carico di significato, così descrive il progetto:
In the beginning this is a no man’s land in the middle of the housing estate. | It became a sacred place. |
A place without character. | Made an order in the town-texture. |
Small community. | Great desire. |
Little budget. | Big church. |
Hopeless architectural competition. | Realized. |
Protestant space organization. | Catholic Church. |
No money for colour glass wall. | Colour glass eyes in the sanctuary. |
Outstanding. | Friendly scaled. |
Impoundment with blocks. | It accommodate believers. |
Bricks build puritan blocks from far. | Rich details nearer. |
Closed from outside. | Woven with light inside. |
I tre elementi del complesso – chiesa, parrocchia e casa della comunità – si articolano attorno ad un cortile quadrato regolare pensato come un giardino con alberi, fiori e un pozzo nel mezzo così come anticamente avveniva nei giardini dei conventi, modello di riferimento del progetto. La differenza è che questo giardino è aperto sul quarto lato – delimitato solo da una recinzione che lascia passare lo sguardo – e questo è un messaggio importante per il mondo: “dai, siamo aperti, puoi entrare”. L’acqua del pozzo fluisce nel parco come una linea sottile fino a ‘gonfiarsi’ in un piccolo lago rafforzando così l’idea principale: la connessione tra il mondo interno ed esterno è molto importante. Il sistema dei percorsi del complesso è semplice e intuitivo: il cortile è accompagnato da corridoi vetrati così come il campanile che forma un blocco unico con l’ampia casa della comunità collocata alla base. A questo sistema distributivo a forma di “U” gli architetti hanno ancorato le singole funzioni: le unità abitative della parrocchia, gli uffici, gli spazi delle case comuni, le sale riunioni e lo spazio della chiesa.
Lo spazio della chiesa, ricalcando lo schema dell’intero complesso, è organizzato attorno al santuario, centro assoluto dell’aula: così come le tre ali dell’edificio circondano il cortile, così lo spazio a forma di “U” del portico si struttura attorno al santuario che diviene così il vero centro dell’intero complesso edilizio. L’abside ad arco è l’unico elemento che si differenzia dal resto per forma e colore.
Le 63 vetrate colorate collocate dietro l’altare, infatti, contengono messaggi celati. Essi sono il risultato della ricerca di Alexander Scriabin, un compositore russo della fine del secolo che si è occupato del rapporto tra toni e colori musicali e che ha creato una matrice in cui ogni tono corrisponde a un colore. “Ho applicato questo codice colore-nota e ho scritto la melodia gregoriana della nostra preghiera Kyrie eleison alle finestre della parete ad arco. È una sorpresa non progettata che le finestre di vetro colorato brucino anche quando il sole non brilla all’esterno.” scrive testualmente l’architetto.
Il tempio – forse per l’insolita combinazione dei molti colori – è chiamato a rafforzare questa enfasi; anche l’Eucaristia rimane sempre al centro dell’attenzione nello spazio della chiesa fluttuando nell’ondata di luce piena o nella luce fioca, a seconda dell’ora del giorno: “con le finestre più semplici e traslucide della cappella accanto alla chiesa, volevo aiutare a voltarmi verso l’interno, speriamo che sia un luogo di preghiera silenziosa”. Conclude infine l’architetto: “Costruire una chiesa senza torre era elegante nell’architettura sacra moderna del XX° secolo. Penso che, all’inizio del XXI ° secolo, la chiesa dovrebbe essere un segno in Ungheria, in Europa, dove l’evangelizzazione sembra essere necessaria. Confido che la torre a sette piani della chiesa cattolica romana di Gödöllő non sia un simbolo di ostentazione, ma di presenza”.
Lucia Valdarnini
Sitografia di riferimento https://epiteszforum.hu/godolloi-szentharomsag-templom , http://hazai.kozep.bme.hu/en/szentharomsag-templom-godollo/
Photos per gentile concessione di @ Tamás Lévai DLA
credits
Location: Gödöllő
Architects: Tamás Nagy, Tamás Lévai, Ildikó Bujdosó, Anna Meditz
Design year: 2005
Construction year: 2006-2007
Client: Roman Catholic Congregation of Gödöllő
Structural engineer: István Kovács
Mechanical engineer: Ilona Suri, Juli Balla
Electrical engineer: József Sápi
Contractor: ÉPKOMPLEX
Photo: József Hajdú
Video: Balázs Mészáros – https://www.youtube.com/watch?v=1W7RlJHh7iA