Le pagine di questo numero, che il lettore avrà forse già sfogliato, mi hanno richiamato le prime parole riservate da Papa Francesco agli artisti nel loro incontro a La Biennale di Venezia, il 28 aprile scorso. «Vi confesso che accanto a voi non mi sento un estraneo: mi sento a casa. E penso che in realtà questo valga per ogni essere umano, perché, a tutti gli effetti, l’arte riveste lo statuto di “città rifugio”, un’entità che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi». La nostra rivista ha la vocazione di farvi sentire a casa: un modo di descrivere la cultura che supera intellettualismi elitari e divisivi, per restituire criticamente al maggior numero di cittadini il loro stesso desiderio di “rifugio”. Rispetto al male che ci circonda, infatti – i cui effetti ci bombardano nelle notizie di ogni giorno e sono devastazione di luoghi e di anime, di corpi e di storie – ciò che THEMA racconta è l’umana capacità di costruire e ricostruire. Il modo più tipicamente umano di trasformare gli spazi in luoghi supera le mere esigenze funzionali e oppone armonia al caos, equilibrio al disordine, distinzione alla sopraffazione, giustizia all’inequità. Vibra questa gratuità, l’eccedenza dell’arte, nell’idea stessa di “beni” culturali. Noi cerchiamo il Bene. Per questo trasformiamo costruzioni, oggetti, ambienti in “beni” e sentiamo di dover esercitare vigilanza, cura, creatività affinché le forze predatorie del mercato non divorino ciò che nutre la convivenza delle persone e dei popoli.
«Gli artisti sono nel mondo, ma sono chiamati ad andare oltre. Ad esempio, oggi più che mai è urgente che sappiano distinguere chiaramente l’arte dal mercato. Certo, il mercato promuove e canonizza, ma c’è sempre il rischio che “vampirizzi” la creatività, rubi l’innocenza e, infine, istruisca freddamente sul da farsi». Papa Francesco non nasconde sotto il tappeto i rischi che corrono le nostre società. Persino quanto abbiamo di più sacro può venire pervertito da logiche senza respiro e senza futuro. I progetti e i luoghi dello spirito che THEMA15 porta all’attenzione hanno l’energia di cui il nostro presente ha bisogno per continuare a ‘vedere’ che l’osceno non ha l’ultima parola. Esiste, sembra persino rafforzarsi in una globalizzazione finanziaria che nei suoi lati più oscuri non vede crisi, ma non è tutto. Lo sguardo umano va educato, come il palato, a non abituarsi, ad apprezzare distinguendo. «E direi che l’arte ci educa a questo tipo di sguardo, non possessivo, non oggettivante, ma nemmeno indifferente, superficiale; ci educa a uno sguardo contemplativo». Se la Santa Sede ha scelto un carcere per narrare il Bello e se, proprio al Padiglione alla Giudecca, il messaggio si sintetizza nel potente titolo “Con i miei occhi”, è perché più che mai si tratta oggi di imparare a guardare. Anche con gli occhi altrui. Anche dai margini. Anche nel silenzio.
Noi crediamo e speriamo di contribuire a questa epocale avventura, che salda alla grande tradizione umanistica gli sforzi che la costruzione di una rivista oggi comporta. Il sostegno dei nostri lettori, la passione di chi sta dietro queste pagine e la realtà stessa, che continua a chiamarci, nella sua fragile bellezza, motivano l’impegno e intensificano la riflessione. Scrivere diventa, allora, una chiamata all’azione e leggere un’esperienza di coinvolgimento, quasi di risurrezione. È la vita che chiama la vita: non possiamo permetterci di farla tacere. Lo dobbiamo a noi stessi, alle generazioni di cui siamo eredi, alle giovani e ai giovani di un mondo che dovrà tornare presto a essere di pace. ( dall’editoriale di Sergio Massironi)
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