Dopo le relazioni tenute, due brevi interviste a Gianmario Guidarelli, Università degli Studi, Padova e a Elisabetta Scirocco, Max-Planck-Institut für kunstgeschichte, Roma
a cura di Stefano Agresti
Lei ha portato a Bose la sua prospettiva di storico, ma le prospettive storiche vanno anche integrate con quelle che sono le esigenze della contemporaneità. Dal suo punto di vista, quale apporto pensa che il suo lavoro possa dare alla questione degli adeguamenti e delle nuove proposte di natura liturgica?
Gianmario Guidarelli: Penso che il mio contributo di storico dell’architettura, in modo particolare del Rinascimento, possa portare una visione problematica. Prima di tutto, dobbiamo porci le giuste domande, utilizzare le fonti in un modo giusto, ma anche poliedrico, in modo da tracciare, da costruire una rete di problemi i cui punti nodali sono edifici, casi studio, fonti, ecc. Il Rinascimento è un momento di passaggio dal punto di vista liturgico. Da una situazione, quella medievale, che conosce profondi rinnovamenti, c’è il passaggio verso il concilio di Trento e verso la riforma tridentina. Dal mio punto di vista, c’è anche un altro aspetto; la conservazione e la riqualificazione degli altari e, in generale, di tutta l’area del presbiterio, lo devono organizzare come un nodo spaziale; un nodo, in cui si integrano aspetti funzionali, formali, materici – la visibilità, l’uso dei materiali – che il Rinascimento può insegnarci a interpretare nel modo giusto.
Cosa ha significato per voi, storiche dell’arte, venire qui a Bose e discutere temi storici in rapporto anche alle moderne esigenze liturgiche?
Elisabetta Scirocco: Per noi le pubblicazioni di Bose hanno da sempre rappresentato un punto di riferimento, soprattutto per questa capacità di coniugare la ricerca storica con esigenze teologiche e liturgiche della contemporaneità, che per noi medievisti sono sempre punti di partenza per poi andare a ritroso attraverso le epoche. Noi abbiamo fatto uno studio, che abbiamo cercato di riportare nell’ultima parte dell’intervento, sulle sorti degli allestimenti medievali attraverso le riforme liturgiche, e ci è molto interessato capire il processo, anche legislativo e normativo, che si è generato all’indomani del Concilio Vaticano II. Abbiamo cercato di seguire da vicino alcuni interventi, e in alcuni casi sono state fornite delle consulenza, anche se in via informale. È molto bello essere qui, siamo molto contente, e siamo sicure che ne verranno fuori molti stimoli, anche per le nostre future ricerche.
Possono le ricostruzioni storiche contribuire in qualche modo anche alle moderne pratiche allestitive? Possono servire queste ricostruzioni come materiale per nuovi interventi?
Elisabetta Scirocco: Su questo non saprei rispondere per la verità, posso rispondergli in merito alle ricostruzione, dicendo che è una metodologia di ricerca e di comunicazione dei risultati che è molto dibattuta in questo momento, perché è necessario distinguere bene il dato storico-artistico-archeologico da quello con un grado maggiore di ipoteticità, o, addirittura, di interpretazione. Proprio per questo motivo, spesso sono guardate con diffidenza, rigettate a priori, oppure rischiano di dare un’idea falsa. Negli allestimenti poi bisognerebbe capire come ci si pone verso la riproposizione di un effimero o di suggestioni di uno spazio nella sua dimensione storica.
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